(di Gianni Schicchi) Ể una festa quando si assiste ad un’esecuzione della Baltic Sea Philharmonic diretta daKristjan Järvi, il giovane complesso nordico che ti avvince e rapisce sempre per l’innato impeto e grande libertà con cui affronta soprattutto la musica dei luoghi di origine, appunto quel Nord Europa che si affaccia sul Mar Baltico, come l’Estonia, Lettonia, Lituania, Finlandia, Danimarca e altri Paesi confinanti, non esclusa la Russia.

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La Baltic Sea Philharmonic per la terza volta al settembre dell’Accademia

La Baltic, col suo fondatore Kristjan Jãrvi, è ritornata per la terza volta, dopo qualche anno di assenza, al Settembre dell’Accademia, con la riproposta di una serata contraddistinta ancora dal titolo Midnight Sun (Sole a mezzanotte) come viaggio musicale intorno alla musica del grande Nord, molto spesso erroneamente ignorata, ed un programma (in una prima versione) dove la produzione contemporanea di Pãrt, Rautavaara e dello stesso Jarvi, doveva entrare in risonanza con il Peer Gynt di Grieg e la Suite dall’Uccello di fuoco di Stravinskij.

Ma in realtà i fatti non sono andati proprio così perché il programma di sala, in una seconda definitiva versione, è stato letteralmente rivoluzionato con nuovi brani durati poi due ore ininterrotte.

Il pubblico (anche coinvolto direttamente in platea dal direttore) ha mostrato di gradire molto l’esecuzione che ha finito per accentuare ancor più le particolarità dell’orchestra: quella di suonare in piedi, tutto a memoria, ballando e ritmando quando gli è consentito da programmi molto articolati, attenti ai linguaggi contemporanei a fianco del repertorio di tradizione, dove tutti gli esecutori, direttore compreso, si sono poi presentati, uno per volta con jeans e magliette colorate.

Non bisogna scordare che Kristjan Jarvi insieme a Gene Pritsker ha co-fondato il gruppo jazz-hip-hop-jazz “Absolute Ensemble” con base a New York e registra con la sua orchestra, il “Kristjan Järvi Sound Project”.

Il programma della serata al Filarmonico era quindi uno dei più in linea con le idee del direttore, dove accanto alle note Seconda Sinfonia di Sibelius e Suite dall’Uccello di fuoco di Stravinskij, si sono uniti e mescolati a più riprese altri brani contemporanei che il direttore ha adattato (e forse riorchestrato) con quelli di sua ideazione.

Citiamo così i suoi: Ascending Swans, Midnight Sun, Runic Prayer Remix, con The Dream of Tabu-tabu dell’arpista estone Liis Jȕrgens, Sireen della ventitreenne Maria Mutso, Hollow in the tree del duo Mint Out & Zuzanna Wasiewicz, Da pacem Domine di Arvo Pãrt, Con venerazione dal Concertino bianco per pianoforte del lettone Georgs Pelëcis.

Ne è uscita una miscellanea coloratissima, affascinante, di suoni inattesi, dove l’istrione Jarvi ha trovato la grinta e il mordente necessari per esaltarla, senza per questo rinunciare (percuoteva spesso un tamburo da sciamano) alle ricercatezze timbriche anche sul piano dei tempi, ora di ieratica lentezza, ora di rapidità al limite della perdita di controllo, anche a prezzo di qualche piccolo segno di affanno da parte della spumeggiante orchestra nordica. 

Al termine grandi ovazioni a tutti gli interpreti della Baltic Sea Philharmonic col pubblico finito letteralmente in piedi.