(di Stefano Tenedini) Ma davvero gli italiani stanno diventando poveri? Lo sentiamo dire spesso e questa percezione è estremamente diffusa, spesso utilizzata anche nello scontro politico anche a prescindere dall’effettiva realtà dei dati che dovrebbero essere alla base di ogni analisi, dibattito e intervento. E poveri quanto? E come? A paragone dei Paesi del Terzo mondo ovviamente no, ma è sotto gli occhi un progressivo degradarsi delle condizioni: legate al potere d’acquisto, ai redditi che non si risollevano dai livelli degli anni passati, al crescere dell’inflazione dopo lungo tempo, all’aumento dei costi e a una tassazione che non molla un centimetro.

A tutto questo si è aggiunta, negli ultimissimi anni, una nuova forma di povertà che colpisce indistintamente tutti e quindi ancor più gli italiani che meno abbienti lo sono davvero. Quella energetica. Sono 2,2 milioni le famiglie in quello stato che si definisce appunto “povertà energetica” (PE). Si parla quindi di 5 milioni di persone che nel 2021 vivevano in abitazioni poco salubri, scarsamente riscaldate d’inverno, poco raffrescate d’estate, con livelli di illuminazione scadenti e con uno scarso utilizzo dei principali elettrodomestici.

Sono dati recenti, elaborati dall’Ufficio studi della CGIA di Mestre riprendendo il Rapporto OIPE 2023: a questo link la dettagliatissima analisi curata dall’Istat. E i risultati sono oggettivamente preoccupanti anche perché – e questo è un altro campanello d’allarme – certamente sottodimensionati, in quanto si riferiscono a prima dello shock energetico scoppiato anche in Italia all’inizio del 2022 in seguito all’invasione russa dell’Ucraina e all’immediato terremoto sui prezzi delle materie prime energetiche con cui Mosca sperava di rimettere in riga i Paesi occidentali schierati in difesa di Kyiv.

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Nel dettaglio, i nuclei familiari più a rischio sono quelli costituiti da un elevato numero di persone, che si trovano in condizioni di disagio economico e con abitazioni in cattivo stato di conservazione. A livello territoriale la situazione più critica si verifica prevedibilmente nel Mezzogiorno. La regione messa peggio è la Calabria, dove il 16,7% delle famiglie, per un totale di 304.675 individui, è in condizioni di PE. Seguono la Puglia (16,4%), il Molise (16%), la Basilicata (15%) e la Sicilia (14,6%).

In Veneto 118 mila famiglie e quasi 270 mila persone a rischio

Invece le regioni meno interessate da questo fenomeno sono la Lombardia con il 5,3% delle famiglie totali, la Liguria (4,8%) e soprattutto le Marche con il 4,6%. In condizioni migliori della media nazionale anche il Veneto, con il 5,6%: quasi 118 mila famiglie pari a poco meno di 270 mila persone in stato di PE. A proposito di media, il dato italiano è l’8,5%, peraltro in crescita di ben mezzo punto dal 2020.

Ci sono delle ricorrenti linee di faglia lungo le quali corre la povertà energetica: ad esempio le principali condizioni professionali del capofamiglia in crisi sono tre: o è disoccupato, o è un pensionato che vive da solo, oppure – fa notare la CGIA – se lavora lo fa come autonomo. Viene inoltre sottolineato che le famiglie più a rischio, soprattutto nel Sud, sono quelle che hanno il gas come prima fonte di riscaldamento. Chi usa invece altri combustibili (come bombole, pellet, gasolio, legna o kerosene) presentano valori percentuali di rischio più contenuti, anche se sempre a rischio.

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Analizzando la curva del peggioramento delle condizioni emerge che rispetto al pre-Covid oggi il costo del gas e dell’energia elettrica è più che raddoppiato. Sebbene la spesa delle famiglie e delle imprese per le bollette di luce e gas sia in calo da parecchi mesi, l’incremento dei costi energetici rispetto al periodo precedente la pandemia è ancora molto elevato. Se nel 2019 il prezzo medio del gas naturale era di 16 euro/MWh, ad agosto di quest’anno ha toccato i 34 euro/MWh (un +112%).

L’energia elettrica, invece, che nel 2019 costava mediamente poco più di 52 euro/MWh, il mese scorso ha raggiunto i 112 euro/MWh (+115%), anche se dopo i picchi raggiunti nell’agosto del 2022 i prezzi del gas e dell’energia elettrica sono tornati a scendere e oggi sono praticamente in linea con quelli che avevamo tra luglio e agosto del 2021. A tutto ciò si aggiungono le preoccupazioni per le ricadute economiche ampiamente prevedibili per i prossimi mesi.

Senza proroga dei bonus a ottobre bollette e povertà in aumento

Per questo i costi energetici continuano a preoccupare ancora le famiglie, anche alla luce delle scadenze previste entro la fine di settembre. Se non saranno prorogati gli aiuti messi in campo dal governo Meloni con la legge di bilancio 2023, da ottobre ci sarà infatti un deciso aumento delle bollette: e il conto lo pagheranno soprattutto le famiglie e i lavoratori autonomi. E va detto che il 70% circa degli artigiani e dei commercianti lavora da solo, senza dipendenti né collaboratori familiari: molti di loro, comprese le partite Iva che rappresentano una parte sempre più rilevante del PIL nazionale, stanno pagando due volte le impennate delle bollette di luce e gas.

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La prima come utenti domestici, la seconda come piccoli imprenditori per riscaldare, raffrescare e illuminare le proprie botteghe, gli uffici e i negozi. Da questo dato parte la denuncia della CGIA, che segnala che “sebbene i rischi di esclusione sociale e di povertà delle famiglie siano diminuiti negli ultimi anni, anche nel 2022 quelle con un reddito principale da lavoro autonomo presentavano un rischio povertà pari al 19,9% del totale, contro il 17,2% delle famiglie con fonte di reddito principale da lavoro dipendente”.

La conseguenza è che purtroppo, anche dopo il Covid, la crisi energetica e l’aumento dell’inflazione continuano a tenere nel mirino i nuclei in cui il capofamiglia è un lavoratore autonomo, generando maggiori fragilità economiche e sociali di quelle dei dipendenti. Per questo gli artigiani di Mestre sottolineano che “i bonus andrebbero prorogati almeno fino alla fine dell’inverno per dare un sostegno a chi ancora oggi si trova in condizioni di difficoltà economica”. Però le previsioni non sono affatto rassicuranti: secondo Nomisma Energia già a partire da ottobre le bollette potrebbero subire un aumento oscillante tra il 7 e il 10%.

Ma di cosa parliamo facendo riferimento ai bonus? Nel biennio 2022-2023 i governi Draghi e Meloni hanno introdotto misure di contenimento della spesa per le bollette di luce e gas per le famiglie e le imprese pari a oltre 91 miliardi. L’esecutivo in carica ha comunque già annunciato che i provvedimenti ancora in vigore e destinati a decadere il prossimo 30 settembre saranno prorogati nel primo Consiglio dei ministri. Ecco di cosa si tratta: Iva ridotta al 5% sulle somministrazioni di gas metano per usi civili e industriali (contro un’aliquota ordinaria del 10%). Riduzione che vale anche per il teleriscaldamento e per l’energia prodotta con gas metano.

Inoltre azzeramento degli oneri di sistema sulle bollette del gas (che per l’energia elettrica sono invece stati reintrodotti dal 1° aprile 2023). Potenziamento dei bonus luce e gas per le famiglie in condizioni di disagio economico e fisico, con l’assegno ordinario cui continuerà a essere affiancato un bonus straordinario. Sul lato delle imprese infine è scaduta a giugno la misura che prevedeva crediti d’imposta al 40 e al 45% per le aziende che hanno registrato incrementi di prezzo in bolletta superiori al 30% rispetto al 2019.