Fotografia come scoperta e passione. Una sala affollata e sul palco, a turno, a raccontare il proprio viaggio e i propri scatti, gli autori del libro “Emozioni sospese: i molti volti di Pantelleria”. Fotografi per passione che si sono trovati da un giorno all’altro a pubblicare un libro fotografico con la collaborazione del photo editor del National Geographic Marco Pinna. Sono gli studenti, provenienti da tutta Italia, del fotografo e foto reporter veronese Luciano Perbellini che hanno partecipato alla presentazione del libro dopo quella di fine agosto nel Castello medievale dell’isola siciliana.
Fotografia da premio per il libro precedente “Anche questo è amore”
La serata si è tenuta nella Academy di Vecomp, l’azienda veronese che da tempo ospita i corsi di fotografia di Perbellini. E il libro su Pantelleria è solo l’ultimo successo degli studenti del fotografo veronese. Ogni corso prevede fin dagli esordi la partecipazione a un progetto speciale: sbarcare a Pantelleria per una decina di giorni era uno di questi. Il primo, in tempo di Covid, fu fotografare l’amore in tutte le sue forme tra le pareti di casa. Ne uscì un libro, “Anche questo è amore”, curato dalla fotografa di fama internazionale Monika Bulaj con prefazione dello psichiatra Marco Rossi. Presentato nel marzo del 2022, ha raccolto numerosi riconoscimenti nel mondo. A questo link i progetti e i contenuti dei suoi corsi.
Fra le persone in sala alla presentazione di “Emozioni sospese” c’erano anche gli studenti appena tornati dall’ultimo progetto, questa volta in Brasile. Un mese fa, infatti, Perbellini e una decina di allievi sono partiti per due località nel nord del Paese, Tapera Dos Vital e Jaoquim Nabuco, dove sono stati ospitati nelle famiglie e hanno documentato la realtà di chi ogni giorno lotta per sopravvivere. Un progetto impegnativo per fotografi spesso alla prima esperienza e che anche stavolta diventerà un libro. Li accompagnerà Manila Camarini, photo editor di D La Repubblica.
“Ad avvicinarsi ai miei percorsi sono persone normalissime che vogliono imparare a fare qualche foto migliore dei propri viaggi”, spiega Perbellini. “Ma a un certo punto si trovano a fotografare in un modo che di amatoriale non ha più niente, tanto che un principiante può finire in un libro di fotografia. Ovviamente non si diventa fotografi professionisti dopo un corso. Però”, aggiunge, “se c’è la passione, e gli studenti sono molto appassionati di fotografia e viaggi, e se ricevono le giuste nozioni e si dà fiducia alle persone, possono venire fuori dei lavori molto interessanti”.
Come quello su Pantelleria. “È stata un’esperienza molto bella ma anche complicata”, spiega Perbellini. “Siamo stati con ogni gruppo una settimana sola con l’obiettivo di portare a casa qualcosa di diverso dalla solita foto cartolina. Ma c’è bisogno di tempo, si deve entrare in confidenza con i luoghi e con le persone. Sette giorni sono pochi”.
“La maggior parte dei fotografi alle prime armi dice che preferisce fotografare i paesaggi. In realtà non è una propensione per il paesaggio, ma un modo per sfuggire alle cose più complicate come fotografare le persone, stabilire un contatto, entrare in relazione con loro. Uscire insomma dalla propria comfort zone. A Pantelleria erano tutti costretti a fotografare la gente, non i panorami”.
E in Brasile per documentare una realtà povera e distantissima da noi
In Brasile la difficoltà è stata decisamente superiore. Oltre alle relazioni umane c’era da misurarsi con un contesto economico e sociale difficile, per documentare una realtà povera e distantissima da quella conosciuta. “È stata un’esperienza che ci ha toccato molto”, si limita a dire Perbellini, che non aggiunge altro perché il progetto è ancora in fase di sviluppo. Di sicuro c’è che i suoi studenti, fra i 25 e i 70 anni, sono in continuo aumento. Al suo ultimo workshop si sono iscritti in 5000, un numero impressionante.
“Chi si iscrive ai miei corsi ha voglia di imparare a esprimere le proprie emozioni con la macchina fotografica. Magari già ci provano senza riuscirsi. La cosa bella da capire è che non serve andare in Ucraina, in Russia o chissà dove per fare fotografie capaci di raccontare qualcosa. Si può restare a casa“, conclude, “e chiunque, anche il vicino, il fruttivendolo, la signora che passa con le buste della spesa può avere una storia interessante da raccontare. E a farlo possono essere le persone normali”.