(di Alessandro Rigoli) Caro Direttore! Non concordo per nulla con la proposta di cambiare il nome a Piazzale Cadorna. E non concordo sul fatto che non si tratti di cancel culture: lo è eccome!

Premesso che la sede del revisionismo, se proprio uno voglia revisionare alcunché, non sono certo le strade  e le piazze ma, semmai, i libri di storia e i convegni universitari, e se anche la destra avesse spianata una autostrada per raid toponomastici, queste iniziative un tempo probabilmente lo stesso Almirante oppure Evola le avrebbe definite battaglie di retroguardia, propaganda minore, ricerca di consenso facile: in poche parole una perdita di tempo.

Cancellando Cadorna, si cancella una pagina dura, complicata e senz’altro anche crudele. Ma fa parte della nostra Storia.

E se proprio vogliamo dirla tutta, la mitica battaglia del Piave fu vinta anche grazie ad una strada fatta costruire proprio da Cadorna (che ne intuì il fine strategico) e che penso porti tuttora il suo nome, strada che fu essenziale per organizzare la linea di difesa storica e vincente (la S. P. 149).

E’ più facile cambiare una targa che spiegare a figli e nipoti, passeggiando per Borgo Trento chi e cosa siano Diaz, Cadorna, il Ponte della Vittoria, Via IV Novembre: lo capisco. Come, d’altronde,  è più facile buttare giù la statua di Colombo negli U.S.A. che, viceversa, conoscere la Storia.

La furia iconoclasta che anima la cancel culture (americana ma ormai anche europea ed italiana, purtroppo) rappresenta la natura perversa di un meccanismo distruttivo. Meccanismo però che, alla fine, sbrana anche chi lo ha sostenuto.

E’ già successo con lo Stonewall National Monument, il più importante memoriale che onora il movimento per l’uguaglianza Lgbt, collocato a Manhattan: nel 2015 una parte di quel monumento fu preso d’assalto da due attiviste queer che ne mettevano in discussione la rappresentatività dal punto di vista del movimento Lgbtq. Ed è tutto dire…!

Così come la statua di Churchill a Londra, che tanti hanno chiesto di rimuovere in nome delle indubbie propensioni razziste del leader britannico: non sarebbe più opportuno, invece, ricordare il ruolo che ebbe durante la Seconda guerra mondiale senza il quale saremmo qui a probabilmente a guardare dalla finestra i panzer con la svastica?

Il fatto è che i monumenti e le targhe toponomastiche non celebrano il carattere o le inclinazioni delle personalità che indicano o raffigurano e non parlano delle loro virtù o dei loro vizi. Parlano solo di ciò che hanno compiuto (nel bene e nel male) come politici, scienziati, militari, navigatori e quant’altro. E nessuno – secondo me – ha il diritto di levarli dalla memoria collettiva.

E, per esempio, un grande argomento di discussione di una destra moderna sarebbe commentare il fatto che in questi giorni a Londra (e non nel Daghestan) alcune scuole hanno consigliato le famiglie a nascondere la kippah dei loro figli con cappellini da baseball. Educare, insegnare, dialogare è più complicato. Ma penso che la Destra sia in grado di farlo senza scorciatoie e, comunque, senza ricorrere alla toponomastica.