L’Argentina è un po’ come fosse un pezzo d’Italia dislocato in America. Gli italiani sono fra i 20 e i 25 milioni su 45 milioni di abitanti. Un argentino su due è italiano di etnia, origine, cultura. Va da sé che le vicende di quel paese, pur lontano, ci tocchino più di altre. Per questo fa notizia anche da noi la vittoria di Javier Milei, eletto presidente della repubblica il mese scorso.
Per capire di più di questa novità politica e del personaggio che ne è protagonista, di cui tutto si può dire, meno che passi inosservato, pubblichiamo l’intervista, a cura di Federico Dal Cortivo, al professore Carlos Peryra Mele, membro del Centro de Estudios Estratégicos Suramericanos e direttore del gruppo del Dossier Geopolitico.
Milei. Chi è?
Prof. Peryra Mele, Javier Milei è diventato presidente dell’Argentina con il 55,95% dei voti. Si aspettava questa vittoria al secondo turno?
Una vittoria dell’opposizione era prevedibile, perché le ragioni dell’attuale crisi del sistema politico argentino e della stanchezza della popolazione sono strettamente legate, ad esempio, alla bassa affluenza al momento del voto (in Argentina il voto è obbligatorio).
Inoltre, le percentuali sono tutte relative, a seconda di come le si vuole guardare, anche se sommando: assenteismo, schede bianche, schede osservate e voti per il candidato dell’UxP Massa, 6 argentini su 10 NON hanno votato per Milei, non c’è nessun assegno in bianco.
Secondo lei, quali sono le ragioni principali che hanno portato alla sconfitta del candidato peronista moderato e all’affermazione di Milei?
La politica è l’arte della leadership e se c’è una cosa che la coalizione di governo non è riuscita a fare è proprio questa, e le contraddizioni interne e gli scontri permanenti tra il Presidente e il Vicepresidente (che lo ha appena dichiarato in un’intervista rilasciata da Alberto Fernandez) Ordini e contrordini uguale disordine e qui sta la chiave principale quindi la gestione delle variabili macroeconomiche e quelle dell’economia quotidiana accumunate dalla crisi che ci porta ad avere un’inflazione altissima (che supera il 120% su base annua) e un freno alle importazioni, a cui dobbiamo aggiungere anche il confinamento di un anno dalla pandemia di Covid 19 , e una siccità (la peggiore mai registrata in Argentina) che ha colpito il settore produttivo e gli effetti della guerra in Ucraina (con i problemi di sementi e fertilizzanti) sono argomenti solidi ma non definitivi, perché il governo Fernandez non ha rispettato l’accordo elettorale che prevedeva la revisione dell’asfissiante debito estero, la cattiva gestione dell’amministrazione Macri con il FMI e molti altri fallimenti della gestione governativa e con una stampa di opposizione che non ha mai collaborato a fornire una soluzione alternativa, ma anzi ha approfondito il caos politico… si conclude con questo risultato elettorale
Milei viene descritto come l’astro nascente del liberalismo di destra, quali sono i punti del suo programma in questo senso?
Su questo punto sarò chiaro e concreto, abbiamo avuto una settimana “vissuta pericolosamente” dalla vittoria di Javier Milei e oggi, mentre rispondo al vostro questionario, l’unica percezione è che la lotta di potere per la formazione del gabinetto di Milei sta aumentando soprattutto tra diversi gruppi di interesse economico.
Pertanto non è possibile giungere a nessuna conclusione seria su quale sarà il “vero” programma di governo, dato che le persone presumibilmente convocate cambiano e poche ore dopo non occuperanno il presunto posto… per esempio: il signor Milei ha detto che S.S. Francesco è il rappresentante del maligno. Francesco è il rappresentante del maligno sulla terra, ha chiesto pubblicamente la rottura delle relazioni con il Vaticano, ora si sa che Milei si è scusato con il Papa nell’intervista che ha tenuto in settimana e così la lista dei cambiamenti continua, soprattutto con l’area molto importante e fondamentale della politica estera argentina, specialmente con i nostri principali partner commerciali Brasile e Cina… ecco perché esprimersi su questi punti del suo programma politico è più un’arte divinatoria che di certezza.
Il concetto di “Nuestra America”, come definito da José Martí, avanza e poi arretra, come si posizionerà Mileli nei confronti degli altri Stati del continente?
Questa è un’altra alternativa che è quasi impossibile analizzare e rispondere con certezza oggi, poiché l’Argentina non può rimanere isolata o mantenere relazioni solo con Paesi con regimi che non rispettano i diritti umani, come il Perù sotto la signora Boluarte, né può attaccare il nostro principale partner strategico, il Brasile, che oggi è guidato dal presidente Lula Da Silva (nota: ieri il presunto ministro degli Esteri del governo di Milei, la signora Mondino, è arrivata ufficiosamente a Brasilia per invitare il presidente Lula all’investitura presidenziale del 10 dicembre) e un altro presidente della nostra regione Luis Lacalle Pou dell’Uruguay, torna da un viaggio di successo in cui ha firmato accordi economici molto importanti con la Cina Popolare ed è uno dei presidenti più di destra della regione (il che contraddice il discorso di Milei sul non negoziare con “comunisti e/o socialisti”).
Quale pensa sarà l’impatto sulla politica estera, sia in relazione agli Stati Uniti e all’Occidente nel suo complesso, sia in relazione ai BRICS+, a cui l’Argentina ha aderito a partire dal 2024?
Credo che l’Argentina debba far parte dei BRICS+ (sarà una relazione a bassa intensità) e lo ribadisco fino a quando Milei non si insedierà e nominerà il suo gabinetto di segretari e ministri e pronuncerà il discorso inaugurale alla legislatura lo stesso giorno. Tutto quello che possiamo dire oggi sono congetture e qualche prognosi, ma senza certezze, visto che è iniziato il balletto dei nomi delle cariche da ricoprire nella sua amministrazione e la scarsa possibilità che vengano ricoperte da chi è stato proposto, tutto è aperto…. Il presidente eletto ha ritrattato molte cose (o forse è stato costretto a ritrattarle, ma questo mi sfugge). Pertanto, continueremo a vivere nell’incertezza, che ogni giorno che passa limita la capacità di azione del nuovo presidente.