(di Paolo Danieli) E’ il consorzio Cisia di Pisa, un consorzio inter-universitario creato per i sistemi integrati per i test d’accesso a Medicina e altre facoltà. La prima sessione del 2024 avrebbe dovuto essere a febbraio. Invece è stata spostata più in là. Forse ad aprile o a maggio. Motivo? Vogliono stare a vedere come vanno a finire gli innumerevoli ricorsi presentati dai candidati esclusi dal sistema Tolc.
Il sistema dei test s’è rivelato un fallimento. Con le sue domande assurde è inadeguato a verificare se un giovane che vuole fare il medico è o non è in grado di farlo. Se ha o non ha l’inclinazione e le doti necessarie per curare la gente. Perché è questo quel che conta. La preparazione viene dopo. A questo serve l’università.
Ci si aggiunga tutto il corteo di errori e irregolarità che lo hanno caratterizzato e che hanno dato origine a una moltitudine di ricorsi alla magistratura che sono andati a intasare una giustizia già in crisi.
E poi c’è anche il business della ‘preparazione’ ai test. Un’ulteriore spesa che si sobbarcano le famiglie degli studenti. Una preparazione fine a sé stessa. Un inultile spesa per cercare di essere pronti a rispondere a delle inutili domande.
E, dulcis in fundo, lo scandalo della programmazione sbagliata del numero dei medici per un ventennio che sta portando al collasso il sistema sanitario. Sbaglio per il quale nessuno ha pagato. Tanto per cambiare. O meglio. Qualcuno ha pagato: le centinaia di migliaia di utenti del Ssn che oggi sono senza medico di famiglia – a Verona ne mancano poco meno di 200– e quelli costretti dalle lunghe liste d’attesa a rivolgersi alla sanità privata pagando di tasca propria o chi, e questo è di una gravità inaudita, non avendo le possibilità rinuncia a curarsi.
Che nel numero chiuso e nel conseguente test d’ingresso qualcosa non abbia funzionato lo avevano capito anche i partiti della maggioranza di destra che oggi governa. Tanto che in campagna elettorale avevano promesso di eliminarlo. Poi però hanno lasciato tutto com’è, ritoccando appena il numero degli ammessi, tanto per dare un contentino. Ma è mancato il coraggio di cancellarlo perfino quando quest’anno è caduta anche la motivazione che la mancanza dei medici non dipenderebbe dal numero chiuso ma dalle scuole di specializzazione, che più di tanti medici non possono sfornare. Peccato però che alcune siano rimaste semivuote.
Mancano i medici ma il numero chiuso resta
Il ministro dell’Università, Anna Maria Bernini, dice che qualcosa faranno. Che toglieranno il sistema Tolc. Che lo sostituiranno con qualcos’altro di similare. Ma ad eliminarlo non ce la fanno.
Troppe pressioni dal mondo accademico. Troppo forte il peso dell’apparato. Quello stesso che ha la responsabilità di aver sbagliato la programmazione per anni. E allora continuano a mantenerlo. Poco importa ai burocrati se mancano i medici. E se di quelli che ci sono molti si licenziano per andare nel privato o se vanno all’estero dove sono pagati adeguatamente.
Chi se lo ricorda il colonnello Buttiglione? Il personaggio inventato da Mario Marenco per la mitica trasmissione radiofonica anni ’70 ‘Alto Gradimento’ di Arbore e Boncompagni.
Era una presa in giro di quel tipo di militare ottuso che, come diceva lo slogan che lo accampanava nelle sue sgangherate esibizioni, “non si arrendeva mai, nemmeno davanti all’evidenza”. Graffiante satira applicabile a coloro che gestiscono un qualche potere, soprattutto i burocrati. Come quelli che hanno pensato e gestito fino adesso il test per l’ammissione alla facoltà di Medicina e che oggi, di fronte al fallimento di questo strumento idiota, continuano a volerlo. E non s’arrendono. Neanche davanti all’evidenza. Proprio come il colonnello Buttiglione.