Le elezioni provinciali di Verona sono fissate il 16 marzo. Liste e candidature dovranno essere presentate entro il 25 febbraio. Ma rischiano di essere inutili.
Questo tipo di elezioni è stato deciso dopo l’abolizione dell’elezione universale diretta degli organi provinciali che oggi la legge 56/2014ha definito come eletti in 2° grado dai consiglieri e dei Comuni facenti parte della Provincia. In pratica i consiglieri dei 98 comuni della provincia di Verona eleggeranno con voto ponderato, ossia con peso specifico diverso e proporzionale agli abitanti del rispettivo comune, dei loro colleghi a formare il consiglio provinciale.
Una stranezza della legge vigente è che il Presidente della Provincia non viene eletto contestualmente al Consiglio, ma con una sfasatura temporale di più di un anno.
Altra stranezza è che il presidente resta in carica 4 anni, mentre il consiglio 2 anni.
L’altra stranezza ancora è che a votare non siano i cittadini direttamente ma i consiglieri comunali.
Ma la stranezza più grande è quella che sta avvenendo in questa tornata elettorale a Verona. Se il 16 marzo ci sono le elezioni provinciali, il 9 giugno ci saranno quelle per il rinnovo delle amministrazioni di 48 comuni veronesi su 98. Il che significa che potenzialmente il Consiglio provinciale, potrebbe essere eletto da dei consiglieri che il 9 giugno potrebbero non essere più tali.
Con l’evidente conseguenza, non solo di perdere in termini di rappresentatività, ma che circa metà dei consiglieri eleggibili, se una volta eletti cessassero dal mandato comunale, perderebbe anche quello provinciale, rendendo di fatto inutile l’elezione appena svolta.
Non sarebbe allora più logico far slittare la data delle elezioni provinciali a dopo il 9 giugno?
La risposta la dà Ciro Maschio, presidente della Commissione Giustizia della Camera e presidente provinciale di FdI, che spiega che «lo slittamento non può avvenire se non è proprio la metà dei comuni ad andare al voto. Invece sono 48 e non 49. Solo se cadesse un’altra amministrazione si potrebbe spostare la data delle provinciali a dopo le amministrative del 9 giugno». Questo dice la legge.
Il tutto mentre è allo studio del governo un disegno di legge per ripristinare il suffragio universale diretto e far tornare tutto com’era prima della sgangherata riforma Renzi.