(di Paolo Danieli) L’avvicinarsi delle elezioni regionali in Veneto comincia a farsi sentire. Le scaramucce all’interno del centrodestra sul 4° mandato a Zaia, le minacce di alcuni esponenti della Lega di correre da soli assieme ad una Lista Zaia con il governatore candidato consigliere per attrarre voti, le fibrillazioni attorno alle possibili candidature, dicono che le prossime regionali non saranno una passeggiata. In Veneto, tanto è il consenso della coalizione, c’eravamo abituati a vincere in automatico. Ma non sarà così. Niente è più così sicuro. 

Veneto. Regionali. Prima le regole e l’analisi geopolitica

Neanche la data delle elezioni. La scadenza dei 5 anni della legislatura regionale è a settembre del 2025 perché erano slittate di qualche mese a cauda del Covid. Però qualcuno vorrebbe spostarle a primavera 2026, prolungando il mandato del consiglio e del presidente regionale di mezzo anno. Che senso ha?

Nel 2020 c’era la pandemia. Lo slittamento era stato giustificato da causa di forza maggiore. Ma adesso? Allungare la legislatura regionale sarebbe un arbitrio. E non ci si venga a dire che le elezioni vanno fatte a primavera. Ormai si fanno tutto l’anno. E se anche fosse in vigore qualche norma che lo prevede, basta cambiarla. 

Veneto. Elezioni regionali. Prima dei nomi le regole e l’analisi geopolitica

Ma non è questo il problema.
Con le ultime elezioni politiche in Veneto sono cambiati gli equilibri. La Lega non è più il partito di maggioranza relativa. Fratelli d’Italia è il partito dei gran lunga più votato e a buon diritto vorrà scegliere il candidato presidente. E non sarà semplice. Perché questa scelta non potrà tenere conto solo del peso elettorale. Peso che sarà verificato ed aggiornato alle europee del 9 giugno. Ma dovrà tenere conto del profilo del candidato che, per guidare una delle regioni più importanti d’Italia, dovrà avere un curriculum di tutto rispetto che offra garanzie agli elettori ed alle categorie economiche di essere all’altezza del compito. E già qui la scrematura sarà fonte dei mal di pancia di qualcuno.

Veneto orientale e Veneto occidentale

Ma poi la scelta del candidato dovrà tener conto anche degli equilibri geopolitici di una regione che, inutile far finta di niente, è divisa in 2 aree ben definite: il Veneto orientale, formato dalle province di Venezia, Padova e Treviso ed il Veneto occidentale formato da quelle di Verona e Vicenza. Belluno e Rovigo, per il limitato peso demografico ed economico hanno un ruolo di satelliti. 

E’ di tutta evidenza che il sistema di potere politico ed economico vigente da 30 anni è polarizzato sul triangolo Venezia-Padova-Treviso. Da quando, prima con Galan e poi con Zaia, la presidenza della regione è stata in mano ad un rappresentante di quest’area. Buonsenso vorrebbe che stavolta il candidato alla guida del Veneto debba essere veronese o vicentino.

Il che significa che prima ancora di entrare nel merito se dovrà essere di questo o di quel partito, sarà obbligatorio incrociare due caratteristiche fondamentali: il curriculum, ovvero le competenze, l’esperienza, la capacità e lo standing, e l’area di riferimento, ovvero il background geopolitico che rappresenta. E già qui la scelta si restringe.

Senza voler insegnare niente ai leader che hanno in mano la decisione di chi candidare, che non è imminente, ma è prossima ventura, il suggerimento è che, dopo aver analizzato con oggettività ed onestà intellettuale la situazione geopolitica della regione, prima di passare a chi tocca e ai nomi e cognomi, definiscano un metodo di scelta ed una griglia di regole da utilizzare di comune accordo. Si eviteranno così perdite di tempo e soprattutto errori. E sul territorio, senza andare fino in Sardegna, di errori nelle scelte dei candidati ne sono state fatte davvero troppe. Tanto che i comuni di Verona, Vicenza e Padova sono caduti in mano alla sinistra.