La crisi che ha investito tutto il settore dell’editoria è talmente grande da costringerci a parlarne. Anche se l’idea che i giornali parlino dei giornali potrebbe sembrare autoreferenziale. Ma non è così. L’informazione tocca e interessa tutti, non solo quelli che la fanno. Se la storia è lo strumento per conoscere il nostro passato, chi siamo, da dove veniamo, l’informazione è lo strumento per sapere cosa succede attorno a noi o anche più in là. Magari con qualche valutazione intelligente e stimolante. Questa è la funzione della stampa.
Oggi l’editoria, l’industria che la produce, è in crisi. La carta stampata viene progressivamente sostituita dalla comunicazione web, i giornali vendono sempre di meno e le edicole chiudono. Il processo è ineluttabile. Le persone di una certa età continuano a leggere il giornale cartaceo, ma sono sempre di meno e nel giro di alcun in anni non ce ne saranno più.
La federazione degli editori ha diffuso i dati. Le vendite nelle edicole sono passate da 6 milioni a 1,5 milioni di copie. Il fatturato nel periodo 2005/20022 è passato da 7,2 a 2,9 miliardi. Gli addetti del settore sono passati da 18 mila a meno di 10 mila.
Allo stesso tempo le ricerche di informazioni sul web sono salite a 43 milioni. Andando avanti di questo passo le notizie saranno reperibili solo lì. Con una differenza, però. Che quando le si leggevano sui giornali erano verificate e filtrate attraverso la professionalità dei giornalisti, mentre oggi, e domani ancora di più, rimbalzano senza alcun controllo, vere o false che siano. Il fenomeno delle fake news è ben noto.
E’ allora necessario sostenere l’informazione vera, quella fatta dai professionisti, rendendola ben distinguibile da quella ‘allo stato brado’ che circola sui social.
Il lavoro da fare non è semplice. Passa dalla qualificazione e dall’aggiornamento dei giornalisti, fornendo loro tutti gli elementi per muoversi nel web avvalendosi di tutte le sue potenzialità. Passa da una grande campagna di comunicazione che metta spieghi agli utenti della rete come distinguere le fonti d’informazione serie, certificate e controllate e quelle inaffidabili.
Ma poiché la democrazia si basa sul consenso popolare e questo si forma sull’informazione, diventa obbligatorio un intervento dello Stato per sostenere l’editoria digitale attraverso un accesso privilegiato ai finanziamenti e favorendo la nella raccolta della pubblicità, essenziale per la sua sopravvivenza.
Basterebbe garantire alle testate online indipendenti, che sono le uniche che hanno possibilità di crescere, una percentuale del totale dell’investimento pubblicitario degli enti pubblici e dei grandi centri media. Allo Stato non costerebbe niente, ma sarebbe un modo per favorire l’informazione seria da quella incontrollata delle fake news.