Antonio De Caro, sindaco di Bari del Pd, ritarda, ma solo di una decina di giorni il camino dell’autonomia differenziata. Nella sua qualità di Presidente dell’Anci ha chiesto di rinviare l’esame dello schema di disegno di legge all’ordine del giorno della seduta di ieri della Conferenza Unificata: i sindaci hanno bisogno di approfondire e fare le loro valutazioni. Legittimo. E poco male, visto che un’altra seduta è già stata convocata per giovedì 2 marzo 2023. Sempre che l’approfondimento richiesto sia stato sufficiente ai rappresentanti dei primi cittadini.
Ma, com’era facile prevedere, non è e non sarà l’unico tentativo di rallentare la marcia dell’autonomia. E sono dei sindaci a mettersi di traverso. Oggi a Catanzaro, di fronte alla sede della Regione, centocinquanta sindaci calabresi hanno manifestato contro l’autonomia differenziata che, secondo loro, minerebbe l’unita nazionale. Una scusa trita e ritrita dai sostenitori del centralismo e soprattutto da coloro che, vivendo di assistenzialismo, temono che l’autonomia possa diminuire i finanziamenti che arrivano dalla loro parti grazie alla produttività di regioni più virtuose.
Il fatto poi che la protesta arrivi dalla Calabria, la regione peggio amministrata e più arretrata d’Italia, la dice lunga sul fatto che, visto che in quella regione l’autonomia non ce l’hanno – e nemmeno la vogliono- e le cose vanno a rotoli, i problemi sono ben altri. Primo fra tutti l’incapacità di attuare una gestione virtuosa della Calabria, a cominciare dalla sanità.
Una protesta simile è stata attuata anche da un gruppo di sindaci della Sardegna. E questo è quasi spassoso, visto che i sardi l’autonomia già ce l’hanno, però non vogliono che la possano avere anche altri. Uno strano concetto dell’eguaglianza dei cittadini.