Se la notizia venisse confermata, per il Catullo sarebbe la pietra tombale. Qualificati rumors indicano che lo scalo di Montichiari, che fa parte del perimetro societario dell’aeroporto di Verona, e che venne avviato coi denari dei soci veronesi ai tempi della presidenza di Massimo Ferro, sia sulla pista di lancio della cessione.
A comprare, sarebbe una cordata di soci bresciani e lombardi. Per farne cosa? Prima la chiusura, poi la cessione ad una cordata di imprenditori locali significa che Montichiari, sottratto al controllo veneziano, sarà libero di crescere e di diventare quell’aeroporto che avrebbe potuto e dovuto diventare quello di Verona. Si creerà un hub che ha già garantiti milioni di passeggeri dato che Bergamo, dove una sentenza ha stabilito che ha superato di gran lunga il tetto di passeggeri consentito, sarà costretto a deviarli necessariamente su Montichiari.
L’operazione, avvertono i ben informati, non è ancora giunta a compimento. E’ semplicemente in corso. Ma se dovesse realizzarsi sarebbe – appunto – la pietra tombale sul Catullo. E un macigno per quel che riguarda la responsabilità morale e politica di chi consente lo scempio delle nostre risorse.
Aeroporto militare dalla lunga pista di decollo adatta agli aerei da trasporto ed ai bombardieri, carcere militare a cielo aperto alla fine della Seconda Guerra Mondiali, Montichiari ha avuto un’uscita dalla “naja” pari a quella di Villafranca: spostati i gruppi operativi c’era il problema di trovare una destinazione a quel nastro di cemento al centro della pianura padana. Gli enti economici lombardi premevano per acquisirlo e affiancarlo già alla fine degli Anni Novanta a Bergamo con cui avrebbe condiviso il tumultuoso sviluppo degli anni successivi.
A quella operazione – che avrebbe portato la concorrenza in casa – si oppose il Catullo che mise mano allo scalo bresciano pagando miliardi di lire che hanno tolto, fra l’altro, a Villafranca risorse importanti per crescere autonomamente. Montichiari non decollò mai, pochi voli passeggeri, si immaginò un destino per le merci, ma a parte Poste Italiane non si trovò business necessario al suo mantenimento. Diventato, alla fine, poco più di un magazzino logistico oggi si punta alla cessione.
Cornuto e mazziato il Catullo assiste impotente a questa nuova evoluzione…