(Paolo Danieli) “Il voto ai 16enni? Io andrei oltre. Farei il voto per aspettativa di vita: quello di 16 anni vota 8 volte. Quello di 80 non vota, che ha un’aspettativa di vita di sei mesi…” Non sa più che pesci pigliare Grillo. E tira fuori passamontagna, ‘brigate’ e voto a sedici anni.
Strana idea di democrazia la sua. Era un po’ che se ne stava zitto. Il fallimento politico dei Cinquestelle, la sua creatura, lo aveva indotto al silenzio. Giustamente. Ma alla discesa in piazza, sabato scorso, di quel che resta del M5S a trazione Conte, con l’adesione della Schlein e di Ultima Generazione, quelli che, per capirci, vanno in giro a imbrattare i capolavori artistici in nome dell’ecologia, Grillo non ha resistito. E’ tornato sulla scena. D’alta parte, è o non è un attore? Così ha ricominciato a sparare cazzate. Passamontagna e ‘brigate’ a parte, derubricabili a sparate senza senso, la più grossa è quella sul diritto di voto. La dice lunga sul suo concetto di democrazia e di quanto il comico possa essere affidabile su questo terreno. Per lui bisogna dare il voto ai sedicenni. Fino al 1975 il diritto di voto scattava e 21 anni, quando si diventava maggiorenni. Quando fu abbassata a 18 i diciottenni cominciarono a votare. Era uno degli effetti del ’68. Una rivoluzione culturale attuata soprattutto dai giovani, figli del baby-boom, che allora pesavano anche da un punto di vista numerico. Ma soprattutto era una generazione impegnata politicamente. Interessata al voto.
Oggi la situazione è molto diversa. I giovani sono sempre meno. Ma soprattutto sono molto lontani dalla politica. Gli adolescenti di oggi sono molto diversi da quelli degli anni ’60/70. E forse anche meno maturi. Seguendo il ragionamento grillino oltre a farli votare, dovremmo abbassare a 16 anni anche la maggior età. E magari anche l’età per prendere la patente. Si tratta di un’ipotesi molto azzardata, quasi irricevibile.
Ma seguiamo Grillo nella sua elucubrazione. Lui vuol dare il voto ai ragazzini. Ma non uno, otto. Ragiona così il fondatore del M5S: il peso del voto non dev’essere uguale per tutti, ma va ponderato in base all’aspettativa di vita. Per un ragazzo di sedic’anni è maggiore che per uno di quaranta o cinquanta. Per non parlare di uno che ne ha ottanta, che secondo Grillo manco dovrebbe votare.
Una logica aberrante. Contraria ai fondamenti stessi della civiltà. Da che mondo è mondo, ovunque, agli anziani è sempre stata riconosciuta saggezza e ponderazione perché sono l’espressione dell’esperienza, i depositari della tradizione, il legame vivente del presente col passato, da cui veniamo tutti. Secondo Grillo invece sono delle inutili cariatidi che non hanno nemmeno il diritto di voto. Una posizione sovversiva, nel senso che sovverte quello che è sempre stato il ruolo dei vecchi in tutte le società, dalle più primitive alle più evolute.
Ma da Grillo ci si aspetta questo ed altro. E’ sempre lui che voleva sostituire la democrazia rappresentativa con quella diretta. Cosa che se poteva essere nella polis greca dove votavano poche migliaia di persone, è impossibile in un paese con milioni di abitanti. E’ lui che voleva aprire il Parlamento come una scatola di sardine, ma poi i suoi seguaci ci si sono trovati talmente bene che si sono abbarbicati ad ogni cosa pur di rimanerci. E’ lui che mandava a ‘fanculo tutti, ma poi gli elettori hanno mandato a ‘fanculo lui. E’ lui che voleva uscire dall’Europa. E’ lui che col suo movimento del piffero avrebbe dovuto fare la rivoluzione. Invece non è riuscito a cambiare niente.
Lo abbiamo sempre detto: il grillismo è stato un’invenzione del maistream per incanalare su un binario morto la protesta che stava montando contro i poteri forti. Una creazione, lui e Casaleggio, di quegli stessi poteri finanziari internazionali che adesso hanno inventato Ultima Generazione. Che non per niente sabato era in piazza con lui.