(di Bulldog) Non bisognava essere degli oltranzisti cattolici per definire una “stronzata” la dichiarazione di un esponente del CAI (quel Club Alpino Italiano che vide fra i suoi soci il martire trentino Cesare Battisti…) contrario a veder installate sulle cime delle nostre montagne nuove croci. Già ce ne sono una settantina sulle nostre vette e persino un cagnaccio che fugge dalle sacrestie non può che notare che se c’è un luogo dove è naturale porsi domande e cercare risposte nel credo e nel divino quello è proprio in cima ad una montagna. Non è una novità. Da tempo si cerca di scardinare questo legame fra la montagna, l’uomo e Dio. Vi ricorderete le polemiche sulla preghiera dell’Alpino quando nel 2007 venne reintrodotto il testo originario dove si chiede all’Altissimo “rendi forti le nostre armi contro chiunque minacci la nostra Patria, la nostra Bandiera, la nostra millenaria civiltà cristiana“. Sembrava un delitto di lesa maestà davanti al crescere di una società italiana con una presenza di cittadini non-cristiani, ma di altre confessioni.

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Per fortuna, oggi pomeriggio, il presidente generale del Club alpino italiano Antonio Montani, ha sottolineato come “Non abbiamo mai trattato l’argomento delle croci di vetta in alcuna sede, tantomeno prendendone una posizione ufficiale. Quanto pubblicato è frutto di dichiarazioni personali espresse dal direttore editoriale Marco Albino Ferrari durante la presentazione di un libro. Personalmente, come credo tutti quelli che hanno salito il Cervino, non riesco ad immaginare la cima di questa nostra montagna senza la sua famosa croce.  Voglio scusarmi per l’equivoco generato“.

Incidente chiuso. La croce sulla nostra montagna resta. Bene.

Ma l’episodio merita un commento: come possiamo integrare persone con religioni, usi, costumi, valori, lingue diverse dalle nostre se noi per primi siamo fragili: se scappiamo dalla tradizione cristiana (che è altra cosa dal credo) della nostra società; se non abbiamo fiducia nei valori che ci hanno accompagnato sino a qui; se rinneghiamo il nostro passato per non “offendere” chi ha scelto di vivere in Italia.

Ma se ha scelto l’Italia è proprio perché sa che l’Italia – frutto di 2mila anni di storia, cultura e tradizione cristiana – è fatta proprio così. Perché sa che la tolleranza ci è stata insegnata col catechismo; che il presepe ci tiene legati alla famiglia che è il nucleo fondante del nostro modello di vita. Ed è un modello di successo. E’ per questo che vengono qui e non vanno in Turchia (paese oramai musulmano e non più laico) o in Arabia Saudita o in Iran…E la croce non è un’offesa, ma è la garanzia che permette loro di professare la loro religione senza problemi o limitazioni.

Quindi, per quanto ancora dovremo sopportare questa spazzatura “progre“, questa “cancel colture” che vuole distruggere il nostro Paese?