(di Sebastiano Saglimbeni) “La Politica simile a una gigantesca fogna trascorrente putrida sotto cespugli di alloro, e tuttavia la Politica necessaria come le fogne. Senza la fogna della Politica vi sarebbero risse infinite di miriadi di aberranti schegge sociali, cui invece essa offre prospettive e parole d’ordine spesso false e retoriche ma unificanti”.
Un tratto, questa citazione, di una delle opere, Nei pleniluni sereni/Autobiografia immaginaria di Tito Lucrezio Caro, a firma di Luca Canali, nato a Roma nel 1925 dove visse. L’opera è stata pubblicata nel febbraio del 1995 da Longanesi. Dopo un lungo impegno politico, Canali si è dedicato con cura costante alla scrittura e all’insegnamento di Letteratura latina nelle Università di Roma e di Pisa, uscendo così, con questa grande scelta, dall’ambito di “una gigantesca fogna”. Indimenticabile, tra le altre sue numerose opere, la traduzione delle Bucoliche, delle Georgiche e dell’Eneide. La traduzione del poema è stata divulgata nel 1989 da Mondadori nella collana “I Meridiani”. Qui, l’estrema fatica di Virgilio Marone, che riteneva non conclusa nel 19 a.C., data della sua morte a Brindisi, al ritorno di un viaggio in Grecia, è partecipata da Canali con una traduzione letterale e nuova nella nostra lingua. La cura è a firma di Ettore Paratore, il docente latinista – secondo la testimonianza dello stesso Canali, suo allievo all’Università -, famoso perché “bocciava a ripetizione. Ma era un genio”.
Non importa sapere oggi quanti insegnanti di materie letterarie ricordino e leggano e facciano leggere dell’umanista Canali le traduzioni di Virgilio, di Lucrezio, di Orazio e, ad esempio, i saggi singolari Vita, sesso, morte nella letteratura latina, Potere e consenso nella Roma di Augusto.
Il 29 settembre 2013, Antonio Gnoli, giornalista e saggista di spicco, ha firmato per il quotidiano “la Repubblica”, in nome di Canali, un suo contributo, con alcune immagini. Il contributo, dai grossi titoli su due pagine, ci dice di un “grande latinista”, che “racconta memorie, politica, incontri e ossessioni”. Gnoli, dopo una breve premessa, aveva posto a Canali una trentina di domande che con le risposte ricevute intensificano il testo del contributo sul famoso quotidiano. Risposte che suonano come lacerti di prosa espressa da una mente vessata, ma non appannata per l’età che lambisce i novant’anni. Una delle domande di Gnoli all’umanista recita: “Perché dice che quelle malattie ancora non l’hanno abbandonata del tutto?” E, in risposta, l’umanista: “Perché ancora oggi mi sdraio sul letto, chiudo gli occhi, e desidero non risvegliarmi più. E il risveglio è orrendo. Ancora oggi ho l’ossessione che non mi fa uscire da Roma. Sono decenni che non faccio una villeggiatura”. Un’altra domanda, brevissima, recita: “Ѐ sposato?”. E Canali risponde: “Mia moglie è morta da parecchi anni. Fu un errore sposarmi. Non ero adatto. Ha molto sofferto. Mi sono occupato di quell’opera colossale che fu l’impero romano e la sua caduta e non vedevo che la decadenza era in casa”.
E di qui, un uomo che esprime viva e toccante la sua carenza di marito rapito dal gorgo del passato remoto con i suoi bagliori ed i suoi bui; di qui, l’emersione del dolore, forse tanto covato e, come tale, più incisivo, per la memoria della moglie morta “da parecchi anni”, che “ha molto sofferto”. Un contributo, il testo di Gnoli per chi ancora legge i
quotidiani e pure un dovuto tributo di onore all’umanista Canali.
Ritornando a Nei pleniluni sereni va ricordato che questo è un titolo – nel senso più elevato del termine -, nel quale nulla paia invenzione o irrealtà. Si legge con alcuni tratti del poema De rerum natura, che Canali volge nella nostra lingua, un’altra poesia.
Non giova, pertanto, ricordare come nel tempo del grande poeta della latinità si sia generata la “congiura del silenzio”. Canali, pure poeta con le sillogi La deriva, Il naufragio, Toccata e fuga, ha costruito con Nei pleniluni sereni l’identità del misterioso Lucrezio. E, per fruire ancora del pensiero scritto di Canali, di seguito una citazione della sua Introduzione redatta per il capolavoro senecano Lettere a Lucilio, volto nel 1974 nella nostra lingua, con testo a fronte, da Giuseppe Monti per l’editore Rizzoli. Canali, pure con la perizia di uno storico, scrive di Seneca: “Malvisto da Caligola, esiliato da Claudio, richiamato da Agrippina, posto al vertice della gerarchia politica, al fianco del giovinetto imperatore Nerone, prima del dissidio con lui e infine dell’ingiunzione di morte ricevuta durante la repressione della congiura di Pisone, egli sperimentò su di sé i rovesci della sorte, riemergendone ogni volta con una ‘macchia’ e con un acquisto, un riconoscimento di fragilità, una richiesta d’indulgenza, un’esasperazione d’amore per la vita, un progressivo aumento della rassegnazione alla morte”.
Questo l’umanista Canali oggi, mentre muore l’insegnamento della grande letteratura latina nelle nostre scuole, mentre non si pone, non si porrà, mano e mente a tutta quella custodita da anni in molti titoli o libri. Resta, infine, a pochi, fioriti di tempo, come il nostro umanista, la consolazione di avere inteso la nobiltà della scrittura classica.
(foto Corriere della Sera)