Un altro passo fondamentale verso il ripristino dell’Igp della Pesca di Verona è stato fatto lo scorso 28 giugno con il Decreto n. 0337590 attraverso il quale il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste ha conferito a CSQA srl di Thiene l’incarico di ente certificatore.
Andando con ordine: la Pesca di Verona ha ottenuto l’Igp nel 2000, ma nei vent’anni successivi la superficie dedicata alla coltura si è ridotta di oltre 3000 ettari fino ad arrivare a poco più di 1200 ettari nel 2022 (- 5,5% rispetto al 2021). In Veneto, dove la produzione veronese rappresenta l’85% dell’intera regione, il calo è stato addirittura del 6,9 %. Diverse le cause del declino, come per esempio il virus Sharka (Plum pox virus) che a partire dal 1990 ha causato danni per milioni di euro nella nostra provincia, ma anche la sostituzione delle piante con la più redditizia coltivazione di kiwi (coltura ora a sua volta in crisi a causa della moria che ha decimato gli impianti) o, ancora, la pesante concorrenza dei produttori più a sud, sia in Italia che all’estero, come la Spagna.
Il 2018 è stato l’anno in cui, in assenza di adesioni da parte dei produttori, ingessati da un disciplinare oramai desueto, il marchio ha smesso di essere affiancato al nome Pesca di Verona. Per cinque anni, dunque, la Pesca di Verona è rimasta senza identità e senza prospettive, in balia degli attacchi virali e del mercato in picchiata. Come se non bastasse, anche i cambiamenti climatici, con gelate che non hanno lasciato scampo, hanno dato il colpo di grazia a questa coltura. Fino a quando nel 2021 Coldiretti Verona ha deciso di intervenire per invertire la rotta e salvare così dall’estirpo i pescheti ancora attivi. Con l’istituzione del Gruppo di lavoro della “pesca di Verona”, nel 2022 ha dato voce e corpo alle necessità dettate dalle aziende che ancora credono alla peschicoltura veronese.
La squadra sta lavorando sulla revisione del disciplinare di produzione, oramai inadatto alle attuali coltivazioni: basti pensare che l’elenco varietale risale addirittura al 1995. La cancellazione di alcune varietà oramai fuori mercato e l’inserimento di nuove e più adatte è uno dei primi passi da compiere. “In questa fase – interviene il Presidente di Coldiretti Verona Alex Vantini – si avverte la mancanza di un centro sperimentale ortofrutticolo nella nostra provincia che dia risposte concrete ai nostri peschicoltori indirizzandoli verso scelte varietali di qualità e commercialmente vincenti”. “Con l’affidamento del ruolo di controllore al CSQA – continua Vantini – è stato compiuto un passo di estrema rilevanza perché finalmente ora si può ridare un’identità a un prodotto che ci rappresenta sia storicamente che culturalmente. Ora ci aspettiamo che i produttori abbiano il giusto riconoscimento economico”.
Da stasera (venerdì 30 giugno), conclusi i controlli da parte del nuovo ente certificatore, la Pesca di Verona prodotta dalle sei aziende che hanno fatto richiesta di certificazione potrà fregiarsi di nuovo, dopo cinque anni, del marchio IGP. “Si è persa l’occasione di marchiare le varietà precoci – ha detto Giorgio Girardi, Responsabile settore ortofrutta di Coldiretti Verona e coordinatore del Gruppo pesca – ma le medie-tardive sono salve ed è lecito pensare che potranno essere commercializzate con quotazioni di tutto rispetto”. “I prezzi ora – ha continuato Girardi – sono abbastanza buoni, complici il freddo e le forti piogge al sud, ma attendiamo i primi giorni di luglio, quando si entrerà nel pieno della commercializzazione del prodotto veronese”.
Il prossimo passo sarà la ricostituzione del Consorzio di tutela che, seguendo la rotta del declino del marchio, ha chiuso i battenti nel 2022. “I documenti sono già pronti” ha chiosato Girardi.