Gli ultracentenari in Italia sono più di 22 mila. Dato Istat, al primo gennaio 2023. Il numero più alto mai raggiunto nella storia. Sono all’80% donne che, come noto, vivono di più dei maschi. Secondo le proiezioni i supervecchi dovrebbero aumentare ancora di più. Una volta arrivare a cento anni era rarissimo. Oggi non è più così.
Si stima che nel 2041 gli ultraottantenni saranno più di 6 milioni e gli ultranovantenni 1,4 milioni. Dati che dimostrano che, tutto sommato, al netto dei numerosi difetti che ha il nostro paese, in Italia non si vive poi così male, dato che per raggiungere certe età bisogna invecchiare bene. Il che significa non solo di essere in salute, ma anche di condurre una vita sana, anche dal punto di vista psicologico, cioè attiva e gratificante.The italian way of life insomma può diventare un modello. Sempre che non venga snaturata dall’omologazione.
Chi arriva a superare i 90 di solito è una persona che fino a 85 anni è stata completamente attiva. E nel nostro paese la grande maggioranza degli anziani invecchia bene e si calcola che solo un 10% ha dei problemi di salute cronici. Per un 30% il merito è dei geni. Ma per il restante 70% incidono gli stili di vita, come l’alimentazione – ed è ormai assodato che la dieta mediterranea è fondamentale-, il movimento fisico, vivere nella propria casa e mantenere relazioni sociali.
Don Verzè, il prete-manager veronese che ha fondato l’ospedale S. Raffaele, arrivato ai vertici della sanità italiana, aveva intuito l’importanza di questa tendenza ed aveva indicato come obiettivo quello di ‘allungare’ la vita fino a 120 anni. Traguardo che aveva prospettato, sicuramente come augurio più che come obiettivo reale, al sua caro amico Berlusconi. Entrambi sono morti prima. Però l’obiettivo dei 120 anni non pare più essere un’utopia, nemmeno per i gerontologi, che stanno lavorando per rendere alla portata del maggior numero di persone possibile il raggiungimento di età che fino a ieri pareva impossibile.