Nell’attesa di conoscere i “fortunelli” indicati dai partiti per le elezioni del prossimo 25 settembre – tutte indicazioni dall’alto con zero partecipazione degli iscritti ai partiti – proviamo a vedere come si voterà per il prossimo parlamento. La scheda (qui la grafica del TGCom) che ci troveremo davanti non sarà semplice da decifrare. La legge elettorale vigente è la legge Rosato, detto Rosatellum, che ha regolato altresì le precedenti elezioni del 2018, e che prevede un sistema elettorale misto, dove:
il 61% dei seggi (rispettivamente 245 alla Camera e 122 al Senato) è attribuito mediante il sistema proporzionale in collegi plurinominali sulla base di liste bloccate; il riparto dei seggi è effettuato a livello nazionale alla Camera e a livello regionale al Senato;
il 37% dei seggi (147 e 74) è attribuito con sistema maggioritario a turno unico in altrettanti collegi uninominali;
il 2% dei seggi (8 e 4) è riservato al voto per corrispondenza degli italiani all’estero, mediante sistema proporzionale con voto di preferenza.
Nella parte maggioritaria l’Italia viene suddivisa in diversi collegi uninominali sia per la Camera sia per il Senato: il candidato che risulterà essere il più votato, verrà automaticamente eletto in Parlamento.
Nella parte proporzionale, ogni listino può essere formato da un minimo di due fino a un massimo di quattro nomi, dove vige la quota di genere con nessun sesso che può superare il 60% dei candidati presentati. La soglia di sbarramento è del 3% per quanto riguarda le singole liste e del 10% per le coalizioni, che di fatto sono state rintrodotte senza la presenza del voto disgiunto: la preferenza espressa a un partito varrà per il proporzionale e andrà direttamente al candidato nel collegio, i voti poi espressi solo al candidato saranno ripartiti in maniera proporzionale tra i vari partiti che appoggiano quel candidato.
All’interno delle coalizioni, le liste che non raggiungeranno l’1% dei voti non saranno conteggiate nel computo totale. Allo stesso tempo, una lista posizionata tra l’1% e il 3% non eleggerà parlamentari ma i propri voti, invece di essere persi, verranno ripartiti in maniera proporzionale tra le liste della sua coalizione che hanno superato invece la soglia di sbarramento.
Conformemente agli articoli 56 e 57 della Costituzione, così come modificati dalla legge costituzionale 1/2020, confermata dall’esito del referendum costituzionale in Italia del 2020, le elezioni investiranno per la prima volta 400 deputati e 200 senatori, contro i rispettivi 630 e 315 previsti dalla Carta per tutte le legislature elette dal 1963 al 2018. Inoltre, per effetto della legge costituzionale 1/2021, l’elettorato attivo per il Senato includerà tutti i maggiorenni e non più i soli cittadini di età superiore ai venticinque anni.
L’elettore al seggio si vedrà consegnare due schede, una per la Camera e un’altra per il Senato. Con l’attuale legge elettorale gli italiani sono chiamati semplicemente a mettere una croce su un simbolo e per rendere loro la cosa ancor più facile, in quel simbolo troveranno nella gran parte dei casi anche il nome del capo politico del partito, in modo da ridurre ancor più la possibilità di errore.
Sulla scheda c’è il nome del candidato al collegio uninominale e una breve lista bloccata di candidati per la parte proporzionale. Se si traccia un segno sulla lista, il suffragio è automaticamente esteso al candidato collegato nel maggioritario.
A chi vota è infatti attribuita solo la possibilità di scegliere la lista preferita, senza poter indicare preferenze tra i candidati e senza nemmeno potere distinguere il suo voto tra la parte proporzionale e quella maggioritaria. Alle forze politiche, invece, la legge elettorale consente di distribuire seggi più o meno sicuri, formare alleanze spurie, dare vita a coalizioni senza vincoli e a ogni altra alchimia utile alla causa.
Se si vota solo il candidato nel collegio uninominale, il voto è spalmato pro quota tra le diverse liste che lo appoggiano. Il sistema è congegnato in modo che siano identici il totale dei voti alle liste e quello dei suffragi ai candidati. Nel collegio uninominale c’è il maggioritario secco: vince il candidato che ha la maggioranza relativa dei voti.