(di Paolo Danieli) Parte importante del confronto elettorale, che per la prima volta nella storia della Repubblica pone la sanità ai primi posti del dibattito, è la diatriba sul numero chiuso a Medicina. C’è chi è favorevole e chi è contrario. Fra i cittadini come fra i partiti.
La Lega, per bocca del governatore del Veneto Zaia, è stata la prima a prendere posizione contro il numero chiuso e per la liberalizzazione dell’accesso alla Facoltà di Medicina. Adesso su una posizione simile, ma non completamente sovrapponibile perché ci sono dei distinguo, arriva quella del sottosegretario del Ministero della Salute Andrea Costa, di ‘Noi con l’Italia’ la formazione di centrodestra che fa capo a Maurizio Lupi.
Anche Costa è contro il numero chiuso perché lo ritiene un metodo sbagliato per selezionare i medici di domani. E sull’onda delle inevitabili discussioni che sono seguite ai test d’ingresso tenuti pochi giorni fa, propone un sistema diverso, alla francese: niente quiz, ingresso libero, ma dopo un anno, selezione in base ai risultati. I più bravi continuano, gli altri devono orientarsi su qualche altro indirizzo.
Rimane però il problema della programmazione perché anche con il metodo ‘francese’ si resta legati alla programmazione del numero di medici che l’Università deve sfornare ogni anno e che allo stato sono 14 mila. Un numero che si è rivelato insufficiente, almeno per le necessità del nostro sistema sanitario.
Effettivamente, se andiamo a guardare il numero dei medici in rapporto agli abitanti, l’Italia non sembrerebbe messa poi così male con i suoi 405 medici/100 mila abitanti. Paragonata agli altri paesi europei starebbe nel mazzo. Ne ha meno della Germania (439), dell’Austria (531), della Spagna (440) e del Portogallo (532), ma di più della Francia (336) e dell’Olanda (371) e sarebbe sopra la media dell’Ue che è di 390/100mila abitanti (dati Eurostat).
Ciò nonostante i medici mancano. Vuol dire che non basta guardare al rapporto medici/abitanti, ma bisogna considerare il fabbisogno di medici del sistema sanitario di ciascun paese. Ed evidentemente per il nostro 405/100mila non sono sufficienti. Il perché è da ricercarsi nell’impostazione stessa del nostro SSN a carattere universalista, che eroga gratuitamente prestazioni a chiunque. Un sistema eticamente eccellente, ma costoso sia in termini finanziari che di impiego di personale. Probabilmente ci sono anche delle sacche di inefficienza e di disorganizzazione. Fatto sta che se i medici mancano la programmazione fatta fin qui è stata sbagliata. E se mancano i medici non è come se mancassero i giardinieri. E’ leggermente più grave, perché rischiano di morire le persone e non le piante. Quindi a mali estremi, estremi rimedi. E quello più semplice è la liberalizzazione dell’accesso a Medicina. Dopodiché, raggiunta la normalizzazione, se ne potrà discutere.
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