E’ la guerra la causa prima degli aumenti dei prezzi delle materie prime, dell’energia e dei generi di prima necessità che hanno determinato il fenomeno dell’inflazione che corrode retribuzioni e risparmi.
I prezzi dei metalli e dei minerali in questi ultimi tre anni sono rincarati mediamente del 25,7%; quelli dell’energia sono raddoppiati: +101,3%. In particolare il carbone è aumentato del 463,3% e quello del gas naturale addirittura del 671,6%.
Più contenuti, invece i rincari del ferro (+4,6%), dallo stagno (+16,8%), dello zinco (+21%), del nickel (+29,35), dell’alluminio (+30,7%), del rame (+32,9%) e del petrolio (+57,7%).
Sempre rispetto al 2019, tra le materie prime prese in esame dalla Cgia su dati della Banca Mondiale, solo il piombo ha subito una diminuzione del prezzo dell’8,4%.
Come diretta conseguenza dell’aumento dei prezzi delle materie prime è quello dell’inflazione che in Italia ha superato il 10% e che colpisce soprattutto le categorie a reddito fisso, che subiscono una forte perdita di potere d’acquisto. “Se buona parte dei consumatori non acquista – sottolinea l’Ufficio studi – è del tutto superfluo anche produrre. Pertanto, per uscire da questo circolo vizioso non c’è che una strada da percorrere: quella della riduzione del cuneo che consenta alle busta paga di diventare più ‘pesanti'”.  Questi i dati di uno studio della Cgia di Mestre.