Il carcinoma dell’ovaio è uno dei tumori ginecologici più comuni, con la prognosi peggiore e il tasso più elevato di mortalità. Colpisce una donna su 82 per un totale di 5.200 nuovi casi l’anno. Si pensi che il cancro della mammella ne colpisce una su 8. La sopravvivenza a 5 anni è ancora bassa, pari al 43%, anche perché l’80% delle donne lo scopre quand’è già in fase avanzata, dato anche che mancano efficaci strumenti di screening per questo tipo di neoplasia. Tuttavia i progressi della terapia hanno migliorato la sopravvivenza: a 5 anni dalla diagnosi del tumore in fase avanzata due pazienti su tre sono vive.
Oggi però vi sono appunto terapie mirate che possono migliorare ancora la prognosi. L’olaparib, capostipite della classe dei PARP inibitori, in grado di tenere sotto controllo la malattia e di cambiare la pratica clinica. I risultati positivi del follow-up a lungo termine hanno mostrato miglioramenti nella sopravvivenza globale e nella sopravvivenza libera da progressione con olaparib in combinazione con bevacizumab, un farmaco antiangiogenico. Il follow-up a 5 anni dimostra un importante aumento della sopravvivenza con il 65,5% delle pazienti vivo a 5 anni rispetto al 48,4% con bevacizumab e placebo. Storicamente il tasso di sopravvivenza a cinque anni con diagnosi di carcinoma ovarico avanzato è del 10-40%.