(p.d.) L’Agsm è la più grande azienda pubblica di Verona. Con la fusione con la vicentina Aim è una delle più grandi multiutility italiane. L’unica preoccupazione di chi amministra Verona, che è anche il socio di maggioranza, dovrebbe essere di svilupparla, di farne un punto di forza. E, siccome sono pochi gli asset che ci sono rimasti, in caso di difficoltà di difenderla con le unghie e coi denti. Perdere anche Agsm-Aim sarebbe un disastro.
Quindi tutto si poteva fare meno che mettere in difficoltà quella che per decenni è stata la cassaforte di Verona. Invece è successo quello che non doveva succedere.
Sorvoliamo, per ora, sulla vicenda Compago. E’ la gestione dell’affaire che è inaccettabile, perché rischia di distruggere l’Agsm-Aim, che per quasi 3/4 è veronese. Inconcepibile che il sindaco di Verona, socio di maggioranza, voglia far fuori Casali dalla presidenza con l’obiettivo facilmente intuibile di mettere al suo posto Federico Testa, pezzo da 90 della sinistra scaligera, fino a qualche mese fa presidente dell’Enea e quindi con un curriculum di tutto rispetto.
Ma rischiare di mandare in malora tutta la società per mettere un proprio uomo è un gioco che non vale la candela. Ricorda molto quel tizio che per far dispetto alla moglie si era tagliato gli attributi. Perché di questo si tratta in ultima analisi. Anche se il cda ha deciso per la fiducia al presidente Casali e per il licenziamento del direttore generale Quaglino, diretto responsabile della vicenda Compago, il voto dell’assemblea dei soci del 7 dicembre appare scontato. I soci sono due, Verona e Vicenza, rappresentate dai rispettivi sindaci, Tommasi e Rucco. Verona pesa di più dal punto di vista societario e quindi prevarrà la volontà di Tommasi di cacciare Casali. Ma sarà una vittoria di Pirro, perché a uscirne con le ossa rotte è l’Agsm-Aim, che dopo questa vicenda sarà più debole sul mercato e più facile preda delle speculazioni. Ricordate che la volevano dare in pasto all’A2A di Milano?
In questa brutta faccenda hanno tutti le loro responsabilità, a cominciare da chi ha accettato uno statuto scritto apposta per dare tutto in mano ai ‘tecnici’, espropriando la politica del proprio ruolo, che è quello di tenere l’azienda vincolata al territorio. Ha avuto gioco facile chi l’ha scritto con la grancassa dell’antipolitica che suona ogni giorno. Ma questi sono i risultati, visto che è dai ‘tecnici’ che è partito tutto. Forse saranno contenti quelli che perseguono finalità diverse da quelle di mantenere e sviluppare Agsm-Aim, anche in un’ottica politica che la vede come la tessera di un mosaico che punta a creare fra Verona e Vicenza un polo politico-economico alternativo a quello del Veneto orientale del triangolo Venezia-Padova-Treviso. Non lo sono i veronesi che così stanno per perdere un altro importante asset, dopo quelli già persi nel recente passato.