Raccontano che Nicolò Zavarise sia rimasto abbastanza sconcertato dalla rassegna stampa che gli è arrivata in questi giorni. Una rassegna occupata da velate autocandidature, da analisi di scarsa democrazia, da clima da regolamento dei conti, da cerchi magici che al confronto Harry Potter è un dilettante. Ma raccontano anche che, dopo un’attenta lettura, il candidato alla segreteria provinciale si sia alquanto tranquillizzato.
Bocche cucite, ma alcuni punti vengono fatti filtrare. Il primo: nessuno lo evidenzia, ma la Lega è l’unico partito che i congressi li sta facendo a livello territoriale chiedendo ai propri militanti di confermare o rinnovare l’attuale classe dirigente. Un percorso iniziato un anno fa, che ha dovuto far fronte a due tornate elettorali dai risultati non omogenei, e che si concluderà – come richiesto dal gruppo dirigente scaligero – entro il prossimo Natale. Ai militanti è stato chiesto di esprimersi, di raggiungere se possibile l’unanimità, così da poter iniziare da subito a lavorare nuovamente sul territorio. Anche analizzando brutalmente i risultati delle elezioni che, specie dopo la scoppola della comunali scaligere, qualche coda velenosa l’avevano lasciata. Se questa è una dittatura, c’è da chiedersi come valutare i partiti-personali che affollano la nostra politica…
Secondo: di candidature sul tavolo ufficialmente ce n’è soltanto una, quella di Zavarise. Tutti quelli che si stanno lamentando in queste ore non solo non si stanno facendo avanti, ma stanno già preparandosi uno strapuntino in Forza Italia o da Giorgia Meloni. C’è chi continua a tessere pubblicamente le lodi di Flavio Tosi; chi reclama maggiore potere ai militanti; chi chiama Roma cercando una conferma agli incarichi attuali. Che la lista dei delusi dalle mancate riconferme sia lunga – da Paolo Paternoster a Luca Coletto ad altri – ci sta, ma fa pensare che nessuno si presenti ai militanti con un programma alternativo e chiedendo voti…
E ancora: se di competizione parliamo, si sottolinea, allora bisognerebbe andare a guardare ai risultati che la gestione attuale ha portato. Un europarlamentare con 37mila preferenze, le vittorie in diversi Comuni della provincia e sì, una sconfitta bruciante a Verona. “Ma quella sconfitta – viene evidenziato – era stata ampiamente prevista e annunciata dalla Lega cittadina che per un paio d’anni buoni ha cercato una “terza via” fra i duellanti Tosi-Sboarina per evitare di presentarsi divisi contro Damiano Tommasi. Il fatto che la previsione sia stata azzeccata non ne fa una colpa per chi quei timori aveva avanzato. Casomai, bisognerebbe chiedere agli alleati se abbia avuto senso o meno incaponirsi in una soluzione sbagliata…”
Quarto punto: che facciamo adesso? Nel 2023 si va a votare in Comuni importanti: Villafranca, Lazise, Sona, Bussolengo. Nel 2024 si rinnoverà la metà dei 98 Comuni del Veronese. Con quale centrodestra ci si presenterà? Con quale idea di sviluppo? Con quali alleanze? L’attuale gruppo dirigente della Lega ha già iniziato a sondare il territorio senza trovare – ancora – al suo fianco il resto della coalizione. Come ci si prepara alle prossime Regionali quando finirà l’era di Luca Zaia, con quale programma di lavoro nella nostra provincia? Con quali figure? E chi porta avanti l’opposizione all’amministrazione Tommasi?
Il congresso provinciale è chiamato insomma non soltanto a confermare un gruppo dirigente, ma anche a focalizzare una strategia concreta per i prossimi mesi. E il fatto di avere a Roma un ministro che in otto ore sblocca 1,2 miliardi di investimenti su Verona magari pesa di più che il contorcersi sul futuro personale di un caudillo locale…