Il 26 dicembre 2022 entrerà in vigore il Regolamento di esecuzione UE 2022/2375 , pubblicato in Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea (G.U.U.E. 314) in data 6 dicembre u.s., a conclusione del complesso ed articolato iter di modifica del disciplinare di produzione del vino Custoza DOC. Il processo di revisione iniziato diversi anni fa ha incontrato due diversi momenti istituzionali al fine del suo completo perfezionamento: una prima parte di competenza nazionale si è già positivamente conclusa con l’approvazione da parte del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali il 7 giugno 2019; la seconda, oggetto di pronunciamento da parte delle Autorità Europee, è stata conclusa con successo ed è efficace proprio a partire da questi giorni.
La ratio che ha ispirato l’introduzione delle modifiche si può sintetizzare nella volontà di valorizzare al massimo le peculiarità e le potenzialità della denominazione Custoza per interpretare al meglio l’art of blending dei produttori coniugata con l’identità territoriale e le migliori regole per raggiungere la massima espressione qualitativa.
Già dal 2019 dunque la denominazione è forte della revisione dei criteri che ne definiscono la base ampelografica: in primis la “rielaborazione” dell’uvaggio, che, pur mantenendo le caratteristiche intrinseche della denominazione che si fonda su diverse tipologie di vitigni e l’obbligo di assemblarne un minimo di 3 per garantirne l’identità unica ed irriproducibile, ha “eliminato” le percentuali minime obbligatorie di ciascun vitigno. Tale scelta è stata fortemente voluta dopo un approfondito studio di zonazione del territorio che ha evidenziato come la differenziazione dei suoli morenici delle colline, in combinazione con clima, esposizione e giacitura, influisca fortemente sull’espressione dei diversi vitigni. Con la riscrittura dell’art. 2 dunque ogni viticoltore può quindi, nel rispetto delle percentuali richieste da disciplinare, scegliere quale vitigno può essere più adatto ad essere piantato su un determinato fondo, per far emergere le caratteristiche più peculiari di ciascuna uva ed ottenere la migliore qualità.
In secondo luogo, sempre con efficacia dal 2019, la riduzione della resa /ettaro a 13 t ha rappresentato certamente un grande passo avanti verso la ricerca della qualità a scapito della quantità.
A seguire, si ricorda l’introduzione della tipologia Custoza Riserva, che i produttori stanno studiando e testando in cantina per poter proporre al mercato vini di punta contraddistinti da eleganza, complessità e struttura, che possano posizionarsi senza timore tra i grandi vini bianchi italiani.
L’eliminazione della mescita di vino sfuso alla spina, infine, è stato un fondamentale tassello del 2019 per il riconoscimento della qualità di una denominazione che non meritava più di essere mortificata come vino da banco, e che tratteneva molti ristoratori dall’inserimento del Custoza nelle carte vini.
Venendo dunque alle novità di oggi introdotte con la pronuncia Europea, viene accolta con favore l’approvazione della richiesta delimitazione della zona di imbottigliamento del vino Custoza, riservata ora all’area di produzione e alla provincia di Verona, con l’unica eccezione dei comuni limitrofi delle provincie di Brescia e Mantova, dove tradizionalmente il Custoza è sempre stato apprezzato ed imbottigliato.
L’imbottigliamento nella zona di produzione è da considerarsi come un complessivo salto di qualità della denominazione, che vuole poter essere annoverata tra le più importanti e storiche; questa infatti garantisce più efficacemente le qualità e le caratteristiche particolari che la zona geografica di origine conferisce ai vini DOP Custoza, in quanto l’applicazione e il rispetto di tutte le norme tecniche riguardanti il trasporto e l’imbottigliamento avvengono sotto la responsabilità e competenza professionale delle aziende produttrici.
Tale obbligo inoltre evita i possibili rischi che il trasporto fuori zona del vino potrebbe comportare, quali: ossidazione e stress termico da elevate o basse temperature, deterioramento del prodotto con effetti negativi sulle caratteristiche chimico-fisiche (tenore di acidità, polifenoli e sostanze coloranti) e organolettiche (colore, aroma, sapore) e sulla stabilità. Ne risulta ridotto anche il rischio di contaminazione di tipo microbiologico. L’obbligo previsto è a vantaggio degli stessi operatori, che sono consapevoli e responsabili della salvaguardia del livello qualitativo della DOP, e offre al consumatore garanzie sull’origine e la qualità del prodotto e sulla sua rispondenza al disciplinare di produzione. In un ambito territoriale più circoscritto, inoltre, i controlli da parte degli organismi competenti risultano più efficaci.
E finalmente arriviamo anche al nome. Sarà solo ed esclusivamente “Custoza”: immediato e riconoscibile, intrinsecamente legato al territorio, vantando una forte connessione con la Storia italiana, e che esalta al massimo la spiccata identità di questi vini che nascono alle porte di Verona.
Alla fine di un percorso durato molti anni, in cui sono convissuti entrambi i nomi, il Bianco di Custoza riconosciuto nel 1972 non potrà più essere utilizzato, eliminando quindi il concetto di “bianco”, generico e banale che non rappresenta più da molto tempo questo vino.
«Festeggiamo un traguardo fondamentale per la denominazione che rappresenta un importante passo per la crescita della nostra immagine – afferma la presidente del Consorzio Tutela Vino Custoza DOC, Roberta Bricolo – . Il nome Custoza, senza altre specifiche, semplifica la comunicazione nei confronti del mercato e rafforza il legame con il territorio che ci identifica». La conclusione dell’iter di modifica del disciplinare interviene a supporto dei produttori che con tanto impegno, energie e risorse hanno investito nella denominazione e che sempre più, anche in questi anni difficili si sono attivati per far emergere la cultura dell’accoglienza. Il vino Custoza diventa volano d’eccellenza della promozione di un’intera area fino a poco tempo fa ancora poco conosciuta e che oggi si fa sempre più strada nel segno dell’enoturismo e turismo rurale che richiama sempre più visitatori ed appassionati, anche stranieri, sul nostro bellissimo territorio.