(di Paolo Danieli) Prima o poi doveva succedere. In Italia il numero dei pensionati ha superato quello dei lavoratori, dipendenti e autonomi messi assieme. Effetto dell’invecchiamento della nostra società. Conseguenza della denatalità.
Le pensioni sono 22.759 milioni. Gli stipendi e i redditi da lavoro autonomo 22.554. Un paese così non può stare in piedi. C’è poco da spiegare. E’ intuitivo. E a lavorare saranno sempre meno perché con l’anzianizzazione saranno sempre di più quelli che vanno in pensione.
Una situazione molto preoccupante per il futuro del nostro popolo in primis e per quello della nostra economia. Sono 40 anni che nascono sempre meno bambini. E l’allungamento della vita media ha portato all’ aumento degli italiani in età di pensionamento e al crollo di quelli in età produttiva (25-44 anni).
Il significato di queste cifre dovrebbe far tremare le vene dei polsi a ogni italiano degno di questo nome. C’è di mezzo il futuro dei nostri figli che  non solo si troveranno a dover mantenere una quantità insostenibile di pensionati, ma rischiano seriamente di non essere più padroni a casa propria e di diventare una minoranza di fronte alla massa di immigrati che verranno richiamati dalla mancanza di forza lavoro.

Ma questo lo si sapeva già 30 anni fa. Anzi, lo si sapeva ancora prima. Ma le politiche di espansione demografica poste in essere con lungimiranza profetica negli anni ‘30, sono state colpevolmente abbandonate perché bollate di fascismo. Come se il fatto di fare o meno un figlio possa essere etichettato politicamente. Così è stato gettato il bambino con l’acqua sporca.
Siamo onesti, parliamoci chiaro: l’Italia s’è salvata finora grazie ai babyboomer. I figli del boom demografico ed economico degli anni ’50/’60. Ma chi sono stati gli artefici del boom? Gli italiani cresciuti ed educati durante il fascismo che, piaccia o no, ha lasciato un imprinting anche a quelli che fascisti non erano o che sono diventati anti-fascisti. Il miracolo economico e demografico sono stati il frutto della visione del mondo che quelli che hanno costruito la Repubblica si sono portati dentro anche inconsapevolmente. Nel loro bagaglio culturale c’era la famiglia, la patria, la solidarietà, la semplicità. E hanno fatto dell’Italia distrutta dalla guerra mondiale la sesta potenza economica del mondo. Poi il declino: culturale, politico e demografico. I valori di cui era permeata la classe dirigente che ha ricostruito l’Italia dopo la guerra si sono dissolti per lasciare il posto al nulla e a dei disvalori. E chi ha governato il paese dopo s’è semplicemente dimenticato di pensare alle generazioni future ed ha lasciato che le cose andassero come andavano, senza intervenire  quando si era ancora in tempo con delle leggi che favorissero la natalità. Sarebbe troppo lungo elencare tutte le ‘priorità’ dei governi succedutisi negli anni. Ma nessuno ha pensato l’unica e vera priorità: quella di fare in modo che fra un secolo gli italiani esistano ancora.
Gravissime sono le responsabilità etiche e politiche di coloro che avendo il potere, pur essendo stati avvisati, hanno lasciato che il cancro della denatalità mangiasse il nostro popolo. La colpa di cui si sono macchiati è l’altro tradimento. Quale tradimento infatti è più grave di quello che priva il proprio popolo del futuro?