(di Paolo Sordo*) L’Italia è generalmente considerata un Paese con un forte presenza di ecosistemi di innovazione: ha infatti una lunga tradizione in una varietà di settori tra cui design, moda, cibo e automotive. Proprio per questo è vista come un Paese con una forte cultura dell’innovazione. Ma è davvero così? E potrebbe mantenere o migliorare questa tradizione?
Il Made in Italy è un marchio associato a prodotti e servizi innovativi e di alta qualità, e il termine è spesso utilizzato per riferirsi a prodotti progettati e realizzati in Italia. Ma nonostante questo grande patrimonio produttivo, il nostro Paese è soltanto al 28° posto nella classifica 2022 stilata ogni anno dalla World Intellectual Property Organization (WIPO), nota come Global Innovation Index.
Il quadro utilizzato nella costruzione di questo indice internazionale per definire il punteggio di ogni singolo Paese, la cui pubblicazione è sempre molto attesa, è composto da 81 indicatori divisi in sette categorie. La Svizzera, con un risultato di 64,6 punti si è aggiudicata il primo posto per il dodicesimo anno consecutivo. La seguono gli Stati Uniti e, al terzo posto, la Svezia, distanziati entrambi dalla prima di circa 2,5 punti; l’Italia ha raggiunto uno score di 46,1.
Tra gli 81 indicatori si guarda con maggiore interesse a quello relativo alla Ricerca e Sviluppo (R&S) e, più precisamente, alla spesa sostenuta dalle imprese che costituiscono il tessuto produttivo di ogni Paese. Nel 1960 gli Stati Uniti costituivano circa il 70% della spesa globale in ricerca e sviluppo, mentre, solo due anni fa, la sua quota era scesa al 30%: un segnale che la propensione a investire si è diffusa in numerose altre aree economiche del pianeta.
L’indicatore R&S svolge un ruolo vitale nella crescita economica e nell’innovazione di un Paese, con un impatto su quasi ogni settore della società: dalla creazione di posti di lavoro alla gestione della sicurezza nazionale, dalla salute pubblica alla competitività industriale. Insieme alla spesa in ricerca e sviluppo, altri indicatori svolgono un ruolo importante nel guidare il progresso e l’innovazione, tra i quali: tecnologia, ricerca scientifica e attività del capitale di rischio.
In base ai dati dell’ultimo triennio pubblicati dall’Istat, nel 2020 nel nostro Paese sono stati investiti 25 miliardi di euro in R&S, il 4,7% in meno dell’anno precedente. La spesa sostenuta dalle imprese è invece diminuita del 6,8% rispetto al 2019: ha tenuto la grande impresa (+2,2%), mentre sono in marcata flessione le piccole e medie imprese. In calo anche la spesa delle università (-2,0%) mentre è aumentata quella delle istituzioni private non profit (+2,2%). È rimasta stabile la spesa sostenuta dalle istituzioni pubbliche.
Sempre in base alle ricerche effettuate dall’Istat, i dati preliminari segnalano invece un’importante ripresa della spesa in ricerca e sviluppo delle imprese nel 2021, il 5,2% in più rispetto al 2020, e così anche nel 2022 (+3,9% sul 2021). Una inversione di tendenza che si auspica possa continuare. Ma quanto investiranno le imprese nel corso del nuovo anno appena iniziato? Il 2023 rappresenta infatti un importante anno di snodo per gli investimenti delle imprese in R&S, sostanzialmente per due motivi strettamente connessi tra loro.
Il primo riguarda la crescente necessità delle imprese di innovare, considerata la sempre maggiore incidenza delle tecnologie digitali 4.0 nel sistema produttivo. L’altro concerne le agevolazioni che le imprese ricevono dallo Stato italiano sotto forma di credito di imposta sono state dimezzate. Quindi a partire dal 1° gennaio l’agevolazione è passata dal 20% della spesa sostenuta al 10%. Fare oggi previsioni è davvero prematuro: alla fine del primo trimestre capiremo se le imprese si saranno fatte direttamente carico di questa ulteriore quota o se la forte decurtazione ridurrà complessivamente gli investimenti.
*(Veronese, come Senior Innovation Manager si occupa di gestione dell’innovazione in ogni ambito d’impresa a livello nazionale. Ha collaborato con numerosi brand di ogni dimensione, caratterizzati da sistemi organizzativi molto diversi tra loro. Con questo articolo inizia la sua collaborazione con L’Adige di Verona: descriverà il futuro della ricerca e sviluppo e i percorsi dell’innovazione nelle aziende.)