Mobilità alternativa, in contrasto a quella insostenibile e autocentrica, efficienza del trasporto pubblico, ma anche la stimolante forestazione urbana e l’innovativo uso del titanio sulle strade cittadine per assorbire gli inquinanti, insieme alla trasformazione del calore delle acciaierie in vapore acqueo, da recuperare nel teleriscaldamento.
Sono questi i principali ingredienti emersi oggi durante il seminario promosso dalla commissione Ambiente dell’Ordine degli Ingegneri, coordinata da Roberto Penazzi, per contribuire a migliorare l’aria di Verona e più in generale quella della pianura padana.
“Il nodo più grande di Verona è senza dubbio quello della mobilità, che richiede un cambio di cultura radicale”, ha evidenziato la vicepresidente dell’Ordine, Anna Rossi. “La nostra categoria è protagonista nell’individuare soluzioni per contrastare l’inquinamento, a partire dall’elaborazione di una serie di buone pratiche, come quelle del recupero del calore da acciaierie per diffonderlo nelle abitazioni, specie là dove si utilizzano stufe a legna”.
Traffico, riscaldamento residenziale e agricoltura sono in cima alle fonti di inquinamento del nostro territorio.
“Le politiche sulla mobilità sono ancora troppo poco incisive”, ha fatto notare Chiara Martinelli, presidente di Legambiente Verona. “Servono azioni sul traffico, sulle ciclabili, lo sviluppo di città 15 minuti e bisogna abbattere il consumo di suolo, specie quello legato alla logistica e tanto diffuso nella nostra provincia, che innalza i livelli di particolato”.
Stando a dati Arpav, nella nostra città stanno progressivamente diminuendo le medie di concentrazione di inquinanti nell’aria durante l’annualità, ma i superamenti dei limiti giornalieri, nel caso delle Pm10, continuano a sforare il limite dei 35 giorni all’anno.
La legna rappresenta il combustibile peggiore e a Verona produce il 58% delle Pm10.
Borgo Milano, restando in città, e San Bonifacio, dove vi sono le centraline di traffico, registrano i principali picchi di ossidi di azoto della provincia.
D’altro canto gli spostamenti a Verona avvengono per il 70% dei casi in auto, superando la media del 65% a livello nazionale, che si contrae al 33% in Europa.
Inoltre, come evidenziato da Francesco Seneci, CEO e Direttore Tecnico Netmobility Srl, il 50% degli spostamenti interni alla città fatti in auto sono sotto il raggio dei 5 chilometri, e il 22% addirittura sotto i 3. “Per il 95% del tempo della loro vita le auto stanno ferme. Spostiamo infatti due tonnellate di ferro con mediamente solo 100 chili a bordo per una media di un’ora e 27 minuti al giorno”, ha dichiarato l’esperto.
“A Verona le auto ferme sono pari a 300 campi da calcio e dobbiamo iniziare a trattare il trasporto pubblico locale come un servizio pari alla sanità, gratuito o a basso costo, e al contempo ridurre l’offerta delle sosta e aumentare le zone 30″.
“Bisogna distinguere tra componenti primari e secondari degli inquinanti”, ha evidenziato Simona De Zolt Sappadina dell’Arpav. “Nel primo caso riscaldamenti e biomassa hanno il ruolo di protagonisti, mentre le emissioni di altri gas diventano particolato. Il che accade per l’azoto dovuto al traffico veicolare, a Verona pari al 55,3%, e per l’ammoniaca che, nel 91 per cento dei casi è prodotta dall’agricoltura.
“L’aria che si respira a Verona è quella dell’intero Bacino padano visto che gli inquinanti emessi in atmosfera sono trasportati in masse d’aria e poi dispersi”, le ha fatto eco la collega Silvia Pillon. “Per combattere l’inquinamento servono azioni congiunte di Unione Europea, Regione e dei comuni locali”.
Ne è ben cosciente l’assessore all’ambiente, Tommaso Ferrari, che punta a favorire la mobilità alternativa, e a unire le forze con i comuni veneti per reclamare maggiori contributi regionali per il trasporto pubblico, a fronte di una Lombardia che li ha quasi raddoppiati. “Prevediamo l’implementazione di zone 30 con sostanziali modifiche alle strade”, ha detto. “Il filobus sarà solo il punto di partenza, va ampliata la ciclabilità e installeremo 250 punti di ricarica elettrica”.
Circa la forestazione urbana Ferrari annuncia il dialogo aperto con le università di Padova e Verona per una progettazione mirata. “Il contributo degli alberi in città dipende dalla tipologia delle piante e dalla densità che occupano. In un paio di mesi approcceremo la pianificazione urbana considerando il verde come strategico. Mappare la situazione attuale di isole di calore e altri bio indicatori ci porterà a meglio comprendere come e dove intervenire”.
Proprio della riforestazione urbana ha parlato oggi Catherine Dezio, docente del corso di Laurea in Progettazione e Gestione del Territorio e del Verde dell’Università di Padova. “Non basta avere il verde in città, va progettato definendo obiettivi, aree di intervento, indirizzi progettuali e scegliendo le specie arboree e il materiale di propagazione”, ha spiegato. “Solo così otterremo risposte concrete per l’ecosistema”.
Ulteriore strategia emersa oggi è quella presentata da Roberta Bertani, docente al Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università degli Studi di Padova, che ha argomentato l’efficacia dell’utilizzo di ossidi di titanio come additivo da applicare a pareti verticali e al manto stradale per disinquinare e pulire le città. Una tecnologia, già sperimentata, che si basa sull’uso della luce.