Il nostro è uno dei paesi europei che consumano più antibiotici e che ha i tassi più elevati di antibiotico-resistenza. Ciò nonostante «l’impegno dell’Italia per l’uso corretto degli antibiotici «è ai livelli più bassi in Europa». E questo è allarmante. Lo afferma Evelina Tacconelli, direttore della clinica di Malattie Infettive dell’Università di Verona e componente dell’Aifa, l’agenzia Italia del farmaco. Anche la prevenzione delle infezioni ospedaliere, che costituiscono il 65% delle infezioni antibiotico-resistenti è ai livelli più bassi in Europa. E tra i paesi ad alto reddito il nostro è il quinto per per indice di resistenza agli antibiotici.
«Continuiamo ad essere in zona rossa rispetto agli altri Paesi europei – ha aggiunto Evelina Tacconelli – nonostante la mortalità per antibiotico resistenza si colloca prima di quella per malattie polmonari e subito dopo le malattie cerebro vascolari».
In questo senso l’Italia stenta a organizzarsi. Anche con cose banali, come il lavaggio delle mani negli ospedali, che non sempre viene osservato scrupolosamente. Una norma igienica che non costa niente e che è dimostrato essere molto efficace. E poi c’è la piaga delle prescrizioni inappropriate da parte dei medici, con dosaggi e posologie non pertinenti. Oltre all’automedicazione dei pazienti che pretendono di curarsi da soli assumendo gli antibiotici ‘a capocchia’ e anche quando non servono, come nelle infezioni virali. Negli ospedali, ha anche ricordato Evelina Tacconelli, mancano «i team di prescrizione antibiotica e non esistono corsi di formazione ad hoc nelle Università. E queste sono tutte misure corregibili. È questo il momento per fare in modo che ci siano interventi chiari, con risorse economiche certe, sorveglianza attiva delle resistente, raccomandazioni nazionali di terapia che vengano controllate. Si stanno attuando misure di contrasto all’inquinamento ambientale – ha concluso – credo che allo stesso modo i cittadini debbano avere misure per non morire di antibiotico resistenza».