“Direttiva Europea sull’efficientamento energetico degli edifici, Verona non ce la farà mai: serve un piano nazionale decennale di ristrutturazione che preveda anche eventuali demolizioni e ricostruzioni degli edifici, tempi certi, detrazioni fiscali adeguate, coordinamento diretto da parte delle Regioni e dei Comuni, concertato con tutti gli attori della filiera delle costruzioni, e controlli dei lavori da parte della Guardia di Finanza”.
Questo è il commento di Matteo Faustini, presidente dell’Ordine degli Architetti della provincia di Verona sulla proposta di direttiva presentata dalla Commissione Europea che prevede che ciascun paese individui il 15% del parco immobiliare più inquinante (appartenente quindi alla classe G) e che ne migliori l’efficienza energetica. Gli edifici con le peggiori prestazioni (cioè appartenenti alle classi G, F ed E), pubblici e non residenziali, dovrebbero raggiungere la classe D entro il 2030. Gli edifici residenziali e di edilizia sociale hanno tempo fino al 2033. Secondo la mappa degli attestati di prestazione energetica nel 2021, il 34% degli immobili italiani era in classe G, il 23,8% in classe F e il 15,9% in classe E.
“Ciò significa – prosegue Faustini – che il 58% degli immobili italiani è energivoro e un’eventuale ristrutturazione dovrebbe prevedere un salto di anche tre classi, dal G alla D per esempio. Interventi impensabili soprattutto sul fronte degli edifici pubblici e delle fabbriche che sono i più energivori. La maggior parte dei capannoni è priva di adeguate coibentazioni ed è ancora poco diffuso il ricorso alle energie alternative. Se consideriamo, poi, anche le numerose abitazioni risalenti agli anni 60-70, bisognerebbe che il piano nazionale ipotizzato dalla Direttiva prevedesse anche la demolizione e ricostruzione di questi edifici, con detrazioni fiscali, tempi certi e controlli adeguati. Non è possibile affidarsi ad interventi spot che durano due o tre anni come i vari bonus e superbonus. E’ necessario ragionare in ottica decennale, con regole semplici e chiare, affidandosi al controllo degli uffici tecnici comunali e a sopralluoghi obbligatori della Guardia di Finanza. Un vero piano strutturato, almeno decennale, con obbligo di verifiche biennali attraverso un coordinamento diretto da parte delle Regioni e dei Comuni concertato con tutti gli attori della filiera delle costruzioni. Un piano fatto da tecnici, non da burocrati come quello introdotto dalla legge 865 del 1971, detta “Piano casa” che disciplinò gli interventi in materia di edilizia privata e pubblica per una decina d’anni”.