(di Paolo Sordo) La Legge di Bilancio 2023 contiene alcune novità per quanto riguarda il credito d’imposta per ricerca e sviluppo: la proroga del potenziamento delle aliquote per il Mezzogiorno fino alla fine dell’anno in corso e l’avvio del sistema di certificazione anche per le attività di ricerca, sviluppo e innovazione, con ammissibilità anche in caso di accessi, ispezioni o verifiche amministrative. Ma restano diversi dubbi sulla normativa.
Non sono infatti state migliorate le agevolazioni per ricerca fondamentale, ricerca industriale e sviluppo sperimentale in campo scientifico e tecnologico che, seppur prorogate fino al 2031, si basano dal 1° gennaio 2023 su un’aliquota del 10% della spesa ammissibile, risultando così dimezzata rispetto agli anni precedenti. I numerosi problemi amministrativi legati alla rendicontazione tecnica delle attività di ricerca e sviluppo, sorti in particolare dal 2015 al 2019, hanno inoltre creato non poche incomprensioni tra aziende e organi di controllo, tra tutte l’Agenzia delle Entrate. Di conseguenza il Parlamento ha inserito nella Legge finanziaria anche la proroga al 30 novembre del “riversamento spontaneo”, per la regolarizzazione delle posizioni non sostenibili sul piano agevolativo.
Ma vediamo nel dettaglio quali sono le attività che rientrano nelle agevolazioni di ricerca e sviluppo. La Ricerca e Sviluppo Sperimentale, identificata a livello globale con la sigla R&S, comprende attività creative e sistematiche volte ad aumentare la conoscenza e le applicazioni. Per essere considerata R&S un’attività deve essere in sostanza nuova, creativa, incerta, sistematica, trasferibile e riproducibile. Comprende tre tipi di attività: la ricerca di base, per acquisire nuove conoscenze fondamentali; la ricerca applicata, che punta a ottenere nuove conoscenze con uno scopo specifico; e lo sviluppo sperimentale, per produrre nuovi prodotti o processi o migliorare quelli esistenti.
Il “Manuale di Frascati” supporta queste basi, da quando nel giugno 1963, l’OCSE incontrò gli esperti nazionali di statistiche di ricerca e sviluppo sperimentale (R&S) nella Villa Falconeri appunto di Frascati. Il risultato fu la prima versione ufficiale della Proposta per una Pratica Standard di Indagine su Ricerca e Sviluppo, che è diventata poi nota come Manuale di Frascati e oggi, alla sua settima edizione, è riconosciuto come uno standard di riferimento a livello globale.
Secondo i dati pubblicati annualmente dall’Istat l’industria rimane in Italia il comparto con la più alta propensione all’innovazione, anche se l’innovazione varia molto in base al settore. I dati del periodo precedente la pandemia indicano che le grandi imprese hanno maggior capacità di sviluppare e introdurre con successo innovazioni rispetto alle piccole imprese, con una tendenza a innovare i processi aziendali invece che sviluppare nuovi prodotti per il mercato. Le innovazioni di processo sono molto diverse e si riferiscono a vari aspetti delle attività aziendali, con le più frequenti che riguardano i sistemi informativi, l’organizzazione del lavoro, la gestione delle risorse umane e le innovazioni nei processi produttivi. Al contrario, sono meno diffuse le innovazioni nella logistica, nella distribuzione e nella fornitura dei prodotti e quelle che riguardano l’intera organizzazione aziendale e le relazioni con l’esterno.
Anche se gli investimenti nell’innovazione si sono leggermente consolidati, si rafforza la componente più radicale degli innovatori, ovvero quella composta da imprese che sviluppano e vendono prodotti innovativi e originali per il mercato rispetto ai prodotti delle imprese concorrenti. La maggior parte delle imprese innovative sviluppa i propri progetti avvalendosi delle proprie risorse senza ricorrere alla collaborazione con l’esterno. Solo un terzo degli innovatori collabora con altri soggetti, ad esempio imprese o istituzioni pubbliche e private come università, centri di ricerca e settore no profit. Con l’aumentare della dimensione aziendale cresce anche la quota di imprese che sceglie di collaborare con soggetti esterni.
I principali ostacoli in questo campo, per una quota pari alla metà delle imprese innovative, sono i costi troppo elevati per l’innovazione, la forte concorrenza sul mercato e la difficoltà di reperire personale qualificato. Tornando alle prospettive emerse con i recenti sviluppi normativi, sarà interessante capire come le modifiche apportate con l’ultima Legge di Bilancio andranno a incidere sul quadro nazionale che riguarda l’innovazione. Da una prima analisi, però, appare assai concreto il rischio di assistere a una contrazione della quota di investimenti, soprattutto nelle piccole imprese.