Solo l’anno scorso 48.100 italiani hanno avuto una diagnosi di tumore del colon-retto, che è il più frequente dopo quello della mammella, con un aumento di 4.400 casi in soli due anni. Sono numeri spaventosi, soprattutto se si considera che cosa comporta in termini di cure, qualità della vita e decessi.
Ma sono solo tre italiani su dieci che aderiscono ai programmi di prevenzione, che sono gratuiti per gli over 50, che è la fascia d’età più a rischio, e che consistono nella ricerca del sangue occulto nelle feci. Un esame semplice, facile da eseguire e che non porta via tempo, ma che permette di riconoscere questa tipologia di tumore nelle fasi iniziali, quando è più facile eliminarlo e curarlo prima che si infiltri nei tessuti vicini o peggio, metastatizzi a distanza. Con questo esame si riduce la mortalità del 30%.
Il 90% di questi tumori origina da lesioni pre-cancerose, come i polipi, che possono essere scoperti attraverso la ricerca del sangue occulto nelle feci e quindi rimossi prima che degenerino anche con una semplice colonscopia. Nella prevenzione sono importanti anche gli stili di vita: la sedentarietà, il fumo, il sovrappeso e l’obesità, il consumo eccessivo di zuccheri e farine raffinati, la carni rosse, l’alcol e gli insaccati sono tutti fattori che favoriscono lo sviluppo del tumore. Fare moto ed evitarne o limitarne l’assunzione significa già fare della prevenzione.
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Al Nord il 45% dei cittadini esegue il test del sangue occulto. In Veneto il 70%. Al Centro il 31%, al Sud il 10%. Ancora una volta l’Italia si ritrova spaccata in due. Eppure aderire allo screening non è un problema economico, visto che è gratis e che non è un’indagine costosa nemmeno per il Ssn. Si tratta piuttosto di una questione culturale. Ed evidentemente al Sud non viene fatto abbastanza per sensibilizzare la gente.