Un sospiro di sollievo. Perché alla fine nessun voto è scontato e perché il fuoco di sbarramento delle opposizioni in queste ultime settimane certamente non è mancato. Ma il centrodestra, dopo il voto di Lazio e Lombardia, può lavorare più sereno come più serena è la Lega che tiene e si attesta al 16,5% in Lombardia e all’ 8,4% nel Lazio. Per il partito di Matteo Salvini, nonostante il calo rispetto alle precedenti regionali (nel 2018 aveva ottenuto il 29,6% in Lombardia e il 9.98% nel Lazio), è comunque una risalita nel confronto con le Politiche: lo scorso settembre aveva ottenuto il 13,9% in Lombardia e il 6,1% nel Lazio.
«Non nascondo che c’erano elementi di attenzione – sottolinea Paolo Borchia, segretario veronese della Lega – : l’elettorato poteva non comprendere appieno le prime mosse del governo e la fine della “luna di miele” dei primi cento giorni era concomitante col voto. Ma, alla fine, i sondaggi sono una cosa e i voti un’altra e sulla nostra gente credo abbia fatto piacere vedere anche un certo decisionismo ed i primi passi concreti sull’autonomia differenziata a dispetto delle voci di divisioni su questo della coalizione. Per quanto riguarda la Lega, poi, credo sia stato apprezzato lo spirito molto concreto, operativo, dei nostri ministri, un avvio molto positivo, e anche il lavoro sul territorio. E’ quanto abbiamo fatto noi nel Veronese dopo il congresso che ci ha visto ritornare a parlare concretamente coi nostri simpatizzati, con uno spirito nuovo. Questo ha portato ad un clima di fiducia ed ai risultati di lunedì».
Il prossimo step sono le amministrative di primavera nel Veronese. Immagina una schieramento unitario del centrodestra nei comuni scaligeri al voto?
«Se dicessi che siamo già operativi al 100% o che la trattativa è decollata sarei sin troppo ottimista – risponde Borchia – . Nella realtà abbiamo iniziato, Comune per Comune, a prendere contatto con le realtà locali per impostare un programma da presentare agli elettori, per sentire la nostra gente e valutare le possibili candidature. A noi piacerebbe una soluzione unitaria, come avvenuto per le Regionali, ma dobbiamo davvero valutare situazione per situazione, così da offrire la migliore soluzione. Spero che questo confronto nel centrodestra entri in una fase più operativa».
A livello amministrativo, a differenza delle Regionali, c’è l’incognita delle Civiche. Pensa ad un’apertura nei loro confronti oppure il centrodestra sarà monolitico?
«La differenza la fanno sempre le persone. Le Civiche sono un modello che ha funzionato nel passato e che può allargare il campo elettorale. Direi però che nel 2023 la situazione è diversa rispetto al passato: adesso c’è una filiera che si può attivare facilmente: Comune-Regione-governo nazionale-Bruxelles. Vediamo le difficoltà dei Comuni più piccoli ad intercettare il PNRR e le tante opportunità che vengono offerte. Ecco, questo è il momento di valorizzare questa “filiera”, di fare sinergia con gli altri livelli di governo per accedere a risorse maggiori per i propri cittadini. Il quadro di riferimento è insomma diverso e tutti noi ne dobbiamo prendere atto».