(di Bulldog) C’è una grande lezione per l’Europa che emerge da due anni di pandemia e da due settimane (quasi) di guerra in Ucraina. Ed è una lezione che può mettere d’accordo tutti. E’ molto semplice e basta fare un piccolo passo indietro nella storia recentissima. Con l’ingresso della Cina nella WTO, l’Occidente ha pensato che era più “sostenibile” scaricate nel lontano est le cose più antipatiche, antiche, sporche da fare. Che senso ha fare delle t-shirt quando noi siamo bravi nella haute-couture? Le t-shirt (come la siderurgia, la produzione di microchip, di mascherine, di pneumatici…) riescono a farle anche gli operai sottopagati e senza formazione del lontano est, oppure quelli delle ex repubbliche sovietiche, oppure gli africani o i peruviani. Dove il lavoro costa meno, noi portiamo le nostre fabbriche.
Noi respiriamo aria più pulita, i lavoratori si adeguano oppure aprono chiringuito o partite Iva oppure scompaiono nel nero, ma ci togliamo la rottura di palle di averli per strada che chiedono più soldi. Estremizzo, ma non ci vado troppo lontano. Costa troppo ammodernare sistemi complessi come lo stato sociale, le democrazie ecce cc. Più semplice tagliare fuori le sovrastrutture delle società occidentali e guadagnare coi nuovi schiavi. Chi aveva soldi ha fatto più soldi; chi un posto fisso ha conosciuto la precarietà; chi era precario…cazzi suoi.
Bene. Il mondo è cambiato e ci sta dicendo una cosa molto semplice: la cara vecchia Europa della globalizzazione, della delocalizzazione, della fuga dalla riorganizzazione necessaria, ha finito la birra. E’ in riserva su tutto. Non ha più chip per fare automobili, non ha energia elettrica, non ha più pannelli solari e pale eoliche per la conversione energetica, non ha più nemmeno operai e men che meno infermieri. Non ha neppure grano a sufficienza. Deve comprare tutto fuori, o in larga parte. In cambio esporta vino, champagne, oggetti di lusso, Ferrari, Armani e le altre firme della grande moda parigina e milanese. Certo, esporta anche alta tecnologia e prodotti per la difesa. Ma quali componenti adopera? e con quale pensiero strategico?
Nella realtà, siamo col culo per terra. E se una nave si schianta nel canale di Suez non abbiamo più pezzi di ricambio. Se Putin non ci dà più gas e grano; se a Tripoli tornano a spararsi; se in Algeria vanno su gli islamisti, quanti mesi, quante settimane abbiamo di riserva? Credo che più che mesi, possiamo parlare di giorni. Poi alzeremo bandiera bianca e lasceremo entrare i nuovi Brenno.
Un mostriciattolo cinese di nome covid e Vladimir Putin ci hanno mostrato la nostra realtà. Vanno ringraziati. Ora sappiamo che lo scenario peggiore non è un caso di scuola, ma è una realtà concreta. Quindi dobbiamo agire, dobbiamo cambiare il paradigma del nostro modello economico e sociale. E possiamo farlo senza stringere la cinghia, senza austerity. Ma affrontando con decisione i problemi. Dobbiamo tornare a produrre: di più nel settore primario, nell’energia, nell’industria. Dobbiamo obbligare il reshoring delle imprese europee, avviare un piano pubblico europeo di investimenti in settori strategici ed arrivare velocemente all’autosufficienza. Dobbiamo poter chiudere i rubinetti che ci costringono a mantenere rapporti con zar dispotici, ayatollah e dittatori. Dobbiamo poter reggere ad un possibile blocco delle linee della logistica attuale, agli umori degli oligarchi, alle sfide di Paesi che sono alla ricerca del loro lebensraum a spese nostre. Basta col rischio dei ricatti.
Prima l’Europa diventa il più possibile autosufficiente e prima possiamo lasciare questi mostri fuori dalla porta di casa.