(di Stefano Cucco) Fenomeni meteo e temperature rigide di inizio Aprile tendono a far dimenticare la siccità persistente su ampie zone d’Italia: l’allarme arriva dall’Osservatorio ANBI sulle Risorse Idriche che, nel report settimanale, segnala come l’European Drought Observatory (E.D.O.) indichi una situazione di grave criticità con ampie zone in crisi estrema (il più alto grado di “alert”) nel Nord-Ovest d’Italia.
“Per capire la gravità della situazione, basti pensare che si avvicina il periodo di allagamento delle risaie, che non solo è una storica pratica agronomica del territorio, ma un determinante elemento di equilibrio ambientale con importanti ripercussioni sul bacino padano”, evidenzia Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI).
In Veneto, gli eventi meteo di inizio aprile hanno riportato lo spessore della neve a valori normali sia sulle Prealpi che sulle Dolomiti; ciò fa guardare con ottimismo al futuro dei corsi d’acqua (oggi ai minimi degli anni recenti) e delle falde con livelli paragonabili a quelli del siccitosissimo 2017.
In Valle d’Aosta, le nevicate dei giorni scorsi sono già un lontano ricordo e la neve al suolo, che era tornata a valori nella norma, si è ridotta di quasi 20 centimetri sopra i 2000 metri di altitudine; questo apporto idrico permette, comunque, una contingente condizione positiva dei locali corsi d’acqua (Dora Baltea e torrente Lys).
Va peggio, in Piemonte, dove le portate dei fiumi principali sono più che dimezzate rispetto al 2021; esempio della condizione di grave difficoltà idrica della regione è l’Orco, che oggi ha una portata di 1,8 metri cubi al secondo contro una media decennale di mc/sec 24,60! Non solo: nello stesso alveo, ad Aprile 2016, scorrevano mc/sec 75,40, cioè quasi 30 metri cubi in più di quanto scorre oggi nel ben più conosciuto Adda che, in Lombardia, è ai livelli minimi dei recenti decenni a causa dell’eccezionale “magra” del lago Lario, di cui è emissario: il bacino di Como, infatti, è al 5,3% del riempimento, vicinissimo al minimo storico.
E’ in calo anche il lago di Garda, così come il Maggiore riempito solo al 29,2%, vale a dire un’altezza idrometrica, inferiore di circa 65 centimetri alla media, cioè quasi 800 milioni di metri cubi d’acqua in meno.
In Lombardia, nonostante le recenti precipitazioni (+35,5% di manto nevoso in una settimana), mancano all’appello il 60% dei volumi nivali ed il 52% delle riserve idriche rispetto alle medie storiche. In questo quadro preoccupante non può certo fare eccezione il fiume Po, in ulteriore calo lungo tutta l’asta e con nuovi record negativi, registrati ai rilevamenti di Piacenza, Cremona e Boretto (Reggio Emilia). Rimanendo in questa regione, c’è da segnalare che i territori dei bacini montani tra i fiumi Parma e Trebbia sono entrati nella zona rossa di siccità estrema, anticipando di poco il Ferrarese; in controtendenza sul disastroso 2021, l’unica zona, che rientra nei valori medi delle precipitazioni cumulate, è invece quella dei bacini romagnoli: dal Conca al Lamone, passando per il Savio.
Per quanto riguarda i corsi d’acqua sono tutti largamente al di sotto delle medie ed i bacini piacentini trattengono un volume d’acqua (5,93 milioni di metri cubi), superiore in anni recenti solo all’ “orribile” 2017. Torna a destare attenzione la situazione idrica in Toscana, dove solamente le portate del fiume Serchio rimangono invariate, mentre gli altri corsi d’acqua le dimezzano (in una settimana, l’Arno cala di oltre 40.000 litri al secondo) e tutti restano al di sotto delle medie mensili.
“E’ necessario mantenere alta la consapevolezza che il quadro climatico fa presagire un’estate di grande sofferenza idrica per vaste zone dell’Italia settentrionale. Se da un lato, nel rispetto delle priorità di legge, vanno gestite le necessarie concertazioni fra interessi concorrenti, dall’altro attendiamo la firma dei decreti necessari alle procedure d’avvio dei cantieri, previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”, dichiara Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI.
In Centro Italia, le Marche sono attualmente la regione con la maggiore stabilità idrologica, affermando una condizione generale, migliore dello scorso anno. In Umbria, il primo trimestre 2022 registra un deficit pluviometrico del 47% dopo che il 2021 si era già chiuso con -20% sulla media storica; le portate del fiume Tevere hanno valori di deflusso, equivalenti a quelli dei mesi estivi, mentre il livello del lago Trasimeno è inferiore di circa 70 centimetri all’altezza consueta del periodo. Secondo il Consiglio Nazionale delle Ricerche (C.N.R.), considerando l’indice S.P.I (Standardized Precipitation Index), il bacino del Basso Tevere e la costa tirrenica presentano valori equivalenti ad una condizione di siccità estrema. Nel Lazio, le portate del “fiume di Roma” sono in calo come quelle di Aniene, Liri e Sacco, mentre il livello del lago di Bracciano è 20 centimetri più basso dell’anno scorso. In Abruzzo le piogge recenti sono state scarse dappertutto, ma soprattutto sul Fucino e sull’Aquilano.
In Campania, i livelli idrometrici dei fiumi Sele, Volturno e Garigliano si presentano in vistosa discesa, mentre il Sarno è in lieve calo lungo l’intero corso. Inoltre, si segnalano in ulteriore, seppur lieve ripresa, i volumi dei bacini del Cilento, mentre cala il lago di Conza della Campania. Si registra ancora un relativo, buon innevamento sulle cime dell’Appennino Campano meridionale, mentre ne appaiono più poveri il massiccio del Matese ed il complesso delle Mainarde. In Basilicata, dove è già ampiamente avviata la stagione irrigua, questa settimana si rileva un calo di circa 2 milioni e mezzo di metri cubi nei volumi d’invaso, mentre in Puglia si è avuto invece un ulteriore incremento di quasi 5 milioni di metri cubi. Infine, in Sicilia, nonostante le precipitazioni si manifestino in fenomeni sporadici, ma di forte intensità, i volumi trattenuti dalle dighe continuano a crescere e marzo 2022 è stato il migliore da 6 anni a questa parte.