Il Covid ha fatto da detonatore e ha fatto scoppiare una questione che da tempo covava sotto la cenere, ma che prima o poi bisogna risolvere. Si tratta del ruolo dei medici di famiglia all’interno del servizio Sanitario Nazionale. Tutti ormai concordano sul fatto che così com’è stato e com’è non può più funzionare. Non va bene per i medici, che molte volte sono ridotti a burocrati e che con i mezzi e le strutture a disposizione si sono ridotti a scrivere ricette, impegnative ed a smistare i pazienti verso specialisti ed ospedali. Non va bene per gli utenti del SSN che hanno un servizio scadente, limitato nel tempo, scoperto in alcuni giorni e alcune ore e che non risponde più alle esigenze di oggi.
Sono anni che si parla di riformare la Medicina Generale, ma a fronte di varie proposte che di volta in volta sono uscite a prevalso la conservazione dello status quo e anche la difesa di rendite di posizione.
La proposta più sensata uscita finora è quella di consorziare 7 medici di base in un solo studio attrezzato con un minimo di strumenti e del personale infermieristico. A turno, con l’ausilio delle telemedicina e delle cartelle cliniche elettroniche, ciascuno dei 7 coprirebbe un giorno alla settimana h24. La Guardia Medica verrebbe sciolta i suoi componenti verrebbero inseriti nel ruolo dei medici di famiglia a copertura dei posti vacanti a causa dei pensionamenti e della carenza di laureati in medicina causata dal numero chiuso. Gli ospedali e i Pronto Soccorso verrebbero così sollevati da tutta una serie di prestazioni improprie che creano affollamento ed allungamento delle liste d’attesa.
Un’altra proposta è quella di rendere i medici di base, oggi liberi professionisti convenzionati con il SSN (Ulss o Asl), dipendenti della sanità pubblica. E’ la proposta avanzata dal Veneto ed ora anche dalla Lombardia. In questo modo si pensa di poter razionalizzare il servizio e controllare meglio le cure primarie. Ma la cosa non piace ai medici che temono, attraverso un rapporto di lavoro subordinato, di perdere l’autonomia organizzativa e forse, anche se ciò non viene detto esplicitamente, una contrazione dei guadagni. Per questo la Fimmg, il loro potente sindacato, non intende rinnovare l’accordo nazionale della medicina generale finché non saranno affrontate e chiarite le prospettive per la categoria. I medici mettono in evidenza come un rapporto di dipendenza toglierebbe al paziente la libera scelta del medico e inficerebbe il rapporto fiduciario.
Altra possibile soluzione potrebbe essere quella che i medici si riuniscano in cooperative di servizio. Il dibattito è in corso. In un modo o nell’altro una soluzione, anche a livello politico e con senso di responsabilità da parte di tutti, va trovata. Prima che il sistema imploda.