Domani, alle 18,00, il Comitato Civica alleanza per un Grande Castelvecchio, guidato dall’avvocato Stefano Dindo presenterà il suo progetto per rendere Castelvecchio un unico polo museale, idea che viene coltivata da decine d’anni e che divide la città. Il Grande Castelvecchio rende necessario il trasferimento dell’attuale Circolo Ufficiali, secolare presenza, nel compound della Cittadella dell’Ospedale Militare.
Uno degli argomenti per bloccare il Grande Castelvecchio è proprio la presenza di questa servitù militare: la politica userà le stellette per una o l’altra causa – il ché è un classico in questo Paese dove i decisori civili quasi mai hanno servito la Patria in armi – cercando lo stallo, ma non la soluzione. Eppure, una soluzione c’è.
Premessa: Verona ha un debito enorme di riconoscenza verso i militari. Da più di un secolo e da più di una generazione. La costante presenza di eserciti ha sorretto l’economia locale, ha sviluppato l’urbanistica della città, Verona senza i militari non esisterebbe così come la conosciamo oggi. E’ stato così con Roma imperiale, col Barbarossa, con la stagione comunale e con la Serenissima. Per arrivare poi agli Austriaci (sui quali campiamo tuttora), al Regio Esercito e, infine, al secondo dopoguerra. Potrei citare i nomi di una dozzina almeno di grandi famiglie imprenditoriali veronesi che sono tali perché fra il 1946 e gli Anni Sessanta hanno messo mano al surplus bellico a prezzi di stralcio…
Centinaia di migliaia di persone nel mondo conoscono la nostra Città, hanno vissuto e speso nella nostra città, perché in grigioverde o perché in servizio con truppe alleate. Migliaia di famiglie sono “miste” perché nate dall’unione di militari di altre parti d’Italia o del mondo con veronesi.
Insomma, l’Esercito e Verona sono una cosa sola. E Verona deve iniziare a ringraziare l’Esercito.
Anche perché a Verona l’Esercito non soltanto ha fatto qualcosa di fisico per la città, ma ha costruito pezzi importanti del suo retaggio ideale. Nelle caserme di Verona si sono forgiate generazioni di italiani che dalle campagne coloniali del Corno d’Africa, alla Libia, alla Prima guerra mondiale, ad El Alamein, al Don, a Cefalonia hanno tenuto alto il concetto di “Italia”. Qui sono nate le truppe corazzate, qui l’esercito ha difeso l’idea stessa di Patria dopo l’8 settembre, qui si è combattuta e vinta la Guerra Fredda col comando di tutte le forze terrestri della Nato del Sud Europa. E vogliamo ricordare l’impegno in pace? Friuli, Irpinia, emergenza Covid…quante migliaia di soldati della Duca di Montorio hanno operato in questi contesti?
Tutto questo è parte integrante della storia di Verona, è Verona. Ma non c’è un posto dove venga raccontato. Dove la Città ricordi, celebri, i suoi concittadini in grigioverde. Dove si possa ricostruire la storia delle fortificazioni, delle grandi campagne napoleoniche, dei reggimenti che a Verona si sono formati ed istruiti alla battaglia, degli eroi che da Verona hanno sacrificato la loro vita per l’Italia. Nulla di tutto ciò esiste. Così che persino il monumento nazionale alla Divisione Acqui resta un qualcosa di slegato dalla città.
Ecco, al Grande Castelvecchio aggiungiamo un grande Museo dell’Esercito e delle Forze Armate a Verona. Di materiale ce n’è a bizzeffe. Sarebbe un riconoscimento alla nostra comune storia ed una componente importante di quel “circuito culturale” che porterebbe a Verona un indotto incredibile se adeguatamente valorizzato. Il debito verso i Militari non si paga con la mancetta del Circolo a Castelvecchio.