(di Paolo Danieli) Nel 2048 in Italia i morti saranno il doppio dei nati. lo dice un’elaborazione dell’Istat, l’Istituto nazionale di Statistica, sull’andamento demografico dei prossimi 30 anni basato sui dati le tendenze di oggi.  Si tratta di una proiezione che potrebbe sempre essere smentita da eventi intervenuti. Ci potrebbero essere cambiamenti in negativo. Si pensi solo a che cosa ha significato la pandemia in termini di morti. O quello che potrebbe significare una guerra. Oppure ci potrebbero essere dei cambiamenti in positivo. Come una seria politica demografica che induca gli italiani a fare molti figli. Ma questo appare improbabile, sia perché manca la volontà politica, sia perché quand’anche ci fosse, sarebbero necessari anni per incidere su una tendenza che perdura da mezzo secolo. Il problema è la cultura dominante, che costituisce un ostacolo alla natalità ancora più forte. L’individualismo e il consumismo esercitano delle pressioni pesantissime sulle scelte di vita dei giovani che vengono martellati continuamente da modelli culturali che li allontanano sempre di più dall’idea dei metter su famiglia e fare figli. 

Fra 30 anni in Italia l’età media sarà di 50,7 anni. Per ogni giovane ci saranno 3 anziani: un paese di vecchi, con milioni di abitanti in meno. 

Saranno i piccoli comuni i primi a risentire della crisi demografica. Diventeranno paesi fantasma. Le scuole si svuoteranno. I giovani tenderanno a concentrarsi nei centri urbani. Ed essendo gli anziani la maggioranza, la politica, per raccogliere consensi, sarà attenta più a loro che ai giovani. S’innescherà così così un meccanismo perverso, per cui per i giovani ci saranno condizioni di vita sempre meno sostenibili. Conseguenza? Un’ulteriore spinta a far scappare all’estero le energie migliori. 

Quando nel 1993 presentai in Senato il ddl “Norme per una nuova politica della popolazione” avevo previsto, con l’aiuto dei demografi, che saremmo arrivati a questa situazione. Non sono stato ascoltato. Al punto in cui siamo arrivati però anche i provvedimenti che allora proponevo oggi non sarebbero più sufficienti. Ci vorrebbero scelte coraggiose e radicali. Ma alla cultura ed ai poteri  dominanti che forse fra un secolo l’Italia non esisterà più non gliene frega niente. Pensano all’accoglienza ed al villaggio globale, loro.