(Stefano Tenedini) E siamo a tre. Con le dimissioni di Sabrina Pucci, seguite a quelle del vicepresidente vicario Francesco Gaetano Caltagirone e di Romolo Bardin, Ceo di Delfin e braccio destro di Leonardo Del Vecchio, si assottiglia ulteriormente il consiglio di amministrazione di Generali. Ed è la terza conferma che il rinnovo dei vertici in programma ad aprile non sarà una passeggiata. La comunicazione ufficiale del Leone, arrivata a fine mattinata, rivela toni meno animosi di quelle seguite agli addii di Caltagirone e di Bardin. Ma non significa che la situazione si stia rasserenando, anzi: ci si chiede se la sfida tra gli azionisti possa rendere Generali contendibile dall’estero.

“Assicurazioni Generali”, precisa la nota, “informa che il consigliere di amministrazione prof.ssa Sabrina Pucci, consigliere indipendente e membro del comitato per le Nomine e la remunerazione e del comitato Controllo e rischi, ha comunicato le proprie dimissioni dal consiglio per motivi personali”. La comunicazione prosegue poi con la dichiarazione del presidente di Assicurazioni Generali, Gabriele Galateri: “Voglio esprimere il mio ringraziamento alla professoressa Pucci per l’importante contributo che ha dato alla compagnia nei nove anni come consigliere di amministrazione, e a nome del consiglio le auguro ogni successo per il futuro”.

Sabrina Pucci, romana, 54 anni, nel CdA dall’aprile 2013, è un tecnico di alto livello che alterna incarichi in importanti società con l’attività universitaria. Dopo la laurea in Economia e commercio ha seguito la carriera accademica in campi di ricerca tra i quali i principi contabili internazionali, il rischio e le assicurazioni, le banche e gli strumenti finanziari, i beni immateriali e i fondi pensione, temi sui quali è autrice di diverse pubblicazioni. Docente di Economia aziendale all’Università Roma Tre, fa parte anche di organismi di analisi e controllo sia in Italia che all’estero.

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In alto da sinistra Francesco Gaetano Caltagirone, Romolo Bardin e Sabrina Pucci, i tre consiglieri che si sono dimessi
dal CdA di Generali. In basso, il presidente Gabriele Galateri di Genola (a sinistra) e il Group Ceo Philippe Donnet.

Ma al di là del suo rispettabile curriculum, l’aspra partita in corso impone di chiedersi per chi stia “giocando”, se per la maggioranza di Mediobanca o per i “pattisti” che stanno lavorando per un nuovo assetto. Pucci è stata per tre anni, fino al maggio 2021, componente del CdA di EssilorLuxottica SA, società quotata a Parigi e ai vertici della galassia di Del Vecchio. Ma soprattutto è ritenuta vicina alla Fondazione CRT, terza gamba del patto parasociale Caltagirone e Delfin, seppure con una quota meno solida (pari esattamente all’1,538%.

Vicina ma non ufficialmente, fanno notare da Torino. Posizione quindi più sfumata, tanto che la settimana scorsa Pucci ha fatto sapere di voler lasciare il comitato Nomine, rimanendo però in consiglio fino alla conferma di questa mattina. Alla minoranza degli insoddisfatti va aggiunto Paolo Di Benedetto (una carriera tra società, banche e istituzioni: come Consob, di cui è stato commissario fino al 2010), ritenuto prossimo alla linea di Caltagirone e di Bardin. Tanto che a settembre avevano votato contro la procedura per la lista del CdA, mentre Pucci si era astenuta.

A proposito di Consob, pochi giorni fa la Commissione per le Società e la Borsa ha risposto alle contestazioni di Caltagirone per come era il CdA di Generali aveva gestito proprio i primi passi del rinnovo. In sintesi: non c’è alcun problema in linea di massima, purché si rispettino requisiti “di trasparenza e condotta”. Il giudizio ha scontentato i “pattisti” e non ha risposto ad alcune domande sul ruolo del presidente di Generali e sulla posizione dell’azionista Mediobanca (della quale peraltro Del Vecchio con il 19,9% ha già la maggioranza relativa). Insomma, un ginepraio nel quale ora sta per infilarsi anche Ivass, sia pure con estrema cautela. L’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni avrebbe incontrato la dirigenza del Leone: un appuntamento già in calendario ma che avrà inevitabilmente toccato gli ultimi aspetti della “campagna elettorale” in vista dell’assemblea di aprile. Comprese le accuse di Caltagirone al CdA che, scriveva, “agisce in modo preordinato alla tutela degli interessi del socio di maggioranza relativa”, cioé Mediobanca.

Il tutto in attesa delle due liste: se una riproporrà il Ceo Philippe Donnet, l’altra punterà su nomi di manager assicurativi di grande esperienza, per rendere più efficace e “aggressiva” la strategia di consolidamento ed espansione sul mercato. Ma per finire c’è da chiedersi se sullo scontro ormai in atto tra due gruppi di azionisti espressione dell’economia e della finanza italiana si possa allungare l’ombra di una scalata straniera alle Generali. Un timore cui ha dato voce Ferruccio De Bortoli sul Corriere. “Prima o poi ci si dovrà sedere intorno a un tavolo”, ha scritto. “I contendenti parlano la stessa lingua. Non aspettino di sentirselo dire, in un altro idioma, da chi ha più potere”. Un’ipotesi inquietante che ogni tanto riemerge ma che per decenni è sempre stata respinta come fantasiosa. Perché, si è sempre detto, “Generali non è contendibile”. Ma lo è ancora?