Li chiamano “padroncini”, ma sono imprenditori abituati a fare affidamento soprattutto sulle proprie forze: sono un esercito costituito in Italia da poco meno di 720 mila attività molte delle quali di piccole dimensioni. In gran parte sono artigiani già messi in difficoltà dal Covid e che oggi, a causa dell’aumento del prezzo del gasolio registrato nell’ultimo anno (+22% circa) si trovano in grande affanno. Lo segnala la CGIA di Mestre, secondo un’analisi che calcola come questa nuova crisi stia colpendo poco più di centomila aziende presenti nel solo Triveneto, tra le 76 mila del Veneto, le 15 mila del Friuli Venezia Giulia e altre 12 mila in Trentino Alto Adige.

La CGIA, in una nota dell’Ufficio studi, specifica che si tratta di idraulici, elettricisti, falegnami, tassisti e autonoleggiatori con conducente, trasportatori, operatori di autobus e agenti di commercio che ogni giorno si spostano per ragioni di lavoro col proprio veicolo. Dispongono di un parco mezzi molto importante: quasi 5 milioni gli autocarri, più di 4,2 milioni i veicoli commerciali leggeri di peso inferiore a 3,5 tonnellate, 195 mila motrici e oltre 48 mila autobus. L’aumento del prezzo del carburante, li ha messi in grave difficoltà: gli autotrasportatori soprattutto, ma anche i tassisti/ncc e le piccole società di autobus si sono visti aumentare di molto i costi fissi dell’attività. E siccome le tariffe sono ferme da anni, sta diventando pressoché impossibile far quadrare i bilanci.

Il carburante rappresenta in media il 30% circa dei costi totali di gestione delle imprese di questi settori. Se nel medio periodo i prezzi alla pompa non diminuiranno, gli idraulici e gli elettricisti, invece, saranno quasi sicuramente costretti a “scaricare” questi extra costi sul cliente finale, alimentando così l’inflazione. Per questi motivi la CGIA chiede di ridurre il peso delle accise che incide così pesantemente sul prezzo del carburante.

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Un problema quest’ultimo molto sentito soprattutto tra gli autotrasportatori. Infatti nel trasporto su strada solo i mezzi pesanti oltre le 7,5 tonnellate (edalmeno con una classe di inquinamento Euro 5) possono richiedere il credito di imposta per il rimborso delle accise. Praticamente pochissimi, visto che sul totale degli autocarri presenti in Italia oltre il 90% è sotto questa soglia di 7,5 tonnellate. E anche per chi avesse la possibilità di chiederlo, il credito di imposta attualmente previsto ha ormai raggiunto il livello massimo consentito dalle norme comunitarie.

Si rende quindi necessario intervenire a favore di queste imprese presso l’Unione Europea affinché autorizzi un’ulteriore riduzione delle accise, che in Italia incidono per il 39% sul prezzo della benzina verde, mentre sul gasolio per autotrazione arrivano comunque al 35,5% e sul Gpl al 18%. Alla luce della straordinaria criticità del momento e del peso economico che il settore dell’autotrasporto riveste in Europa, la CGIA ritiene che “non dovrebbe essere difficile trovare l’appoggio dei principali Paesi dell’Unione per convincere Bruxelles a modificare la Direttiva europea 2003/1996/CE che impone questi limiti”.

Gli artigiani di Mestre ricordiamo inoltre che “ai nostri autotrasportatori con mezzi oltre le 7,5 tonnellate è riconosciuto un credito di imposta che trimestralmente possono compensare o tramutare in un rimborso. Ma l’importo convenuto, pari a 0,214 euro ogni litro di gasolio, è molto contenuto e ha raggiunto il livello massimo. Per contro l’accisa, sempre al litro, incide sul prezzo alla pompa per 0,617 euro. In altre parole, la percentuale di abbattimento dell’accisa è pari solo al 35%. In conclusione l’Ufficio studi della CGIA ricorda che “il credito di imposta per il rimborso delle accise che gravano sui carburanti è previsto anche per i tassisti, per il trasporto pubblico locale, quello scolastico e gli autonoleggiatori con conducente, se questi ultimi hanno la licenza in un Comune che non dispone di taxi. Non è invece previsto per le altre categorie artigiane, gli agenti di commercio e i bus turistici.