(di Stefano Tenedini) Un po’ di amarezza e delusione c’è, per quei 1100 voti circa raccolti al primo turno delle amministrative, che valgono un risicato 1% rispetto a ben altre aspettative. Per Azione la doverosa riflessione non ha comunque il sapore di una sconfitta ma diventa un’analisi sulle cause e carburante per ripartire da qui. “Abbiamo raccolto oggettivamente poco, e se anche eravamo consapevoli che il nostro sforzo era prima di tutto per sostenere Damiano Tommasi come candidato sindaco, non ci aspettavamo un calo così. La prendiamo come una lezione e un’indicazione per il futuro”, commenta Marco Wallner, segretario provinciale del partito fondato da Carlo Calenda.

Che conclusioni avete tratto sul perché questo risultato così deludente? Che cos’è successo?

Avevamo messo in conto che la polarizzazione tra due candidati molto forti come Tommasi e Sboarina, che poi con Tosi sono diventati tre, avrebbe fatto perdere consensi alle liste di partito, che ne sarebbero uscite “spogliate” in favore di una formazione civica vera come quella di Damiano. Insomma, era evidente che la bandiera dei partiti avrebbe sventolato ben poco, ma non pensavamo così tanto. Ci sono anche aspetti positivi, come la riconoscibilità dei nostri candidati: infatti abbiamo avuto molte preferenze, quasi l’80% dei nostri voti riportava l’indicazione di un nome. Un’altra lezione è stata la conferma che Azione è forte nelle zone centrali della città ma molto meno in periferia. Nelle circoscrizioni 1 e 2 abbiamo raggiunto anche il 4,5%, sfiorando il 5%, mentre nell’area circostante siamo andati decisamente male, nonostante molte attività pubbliche, i banchetti e gli stand nei mercati.

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Marco Wallner, segretario provinciale di Azione a Verona
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Con Damiano Tommasi, candidato del centrosinistra

Lo dico come battuta, ma in effetti la vostra area a Roma è chiamata “il popolo delle terrazze” e a Milano “sinistra radical chic”: forse per questo in periferia il messaggio fatica a passare. A Verona poi è stata definita “coalizione ZTL di maffeiani e borgotrentini…”

Diciamo che abbiamo lavorato bene individualmente, ma forse meno sulla riconoscibilità del partito, e questa è un’utile indicazione per il futuro. La scarsa risposta in periferia dipende sicuramente dal fatto che l’elettorato è più sensibile alla mobilitazione sui temi di stretta attualità. Ma è anche vero che nel resto d’Italia quando ci siamo presentati con i nostri candidati siamo andati bene. Confermo in ogni caso la necessità di cambiare passo e di portare dappertutto il nostro messaggio: siamo un centro liberale e riformista. Non solo la periferia, è tutta la città che non va abbandonata.

A breve termine, soprattutto in questo momento di forte polarizzazione – anzi, abbiamo visto che la “tri-polarizzazione” è proseguita oltre il primo turno – può avervi penalizzato parlare di contenuti e non lanciare slogan?

Può darsi, e probabilmente in parte è così. Ma siamo in campo anche per cambiare questo modo di fare politica. Verona però ci sta dimostrando due cose: la prima è che è evidente come esista al centro appunto uno spazio progressista ma liberale che può e deve crescere. La seconda è che fare un passo indietro non paga nell’immediato, ma serve a costruire un percorso per il futuro, a medio termine.

Che cosa significa in termini politici per queste amministrative? Poi ragioniamo anche di elezioni politiche dell’anno prossimo.

In vista del ballottaggio di domenica, intendo che ci sono vari interlocutori negli altri schieramenti che potrebbero anche convergere sul nome e sulla proposta di Damiano Tommasi. E quindi mi sento di fare un appello, come rappresentante del partito più centrista della coalizione. Ci si riconosce nei valori liberali e progressisti non sottragga il proprio supporto a Tommasi, meglio se senza avanzare richieste di contropartite. Lo faccia per la città, per darle un’occasione per cambiare.

Torniamo a quell’1%. Non rimpiange un po’ che Azione si sia annacquata nella coalizione, con tutta la stima che può avere per il progetto di Tommasi? Così parliamo anche del 2023.

Potevamo fare la scelta più comoda, entrare direttamente nella lista civica di Damiamo Tommasi con un paio di nomi solidi. Se fosse stato eletto, il nostro appoggio si sarebbe concretizzato attraverso le nostre persone. Invece ci siamo abbiamo presentati con il nostro simbolo, per farlo conoscere. Anche andare da soli poteva essere un’opzione: ma siamo in pista sul territorio solo da un anno, e sarebbe sembrato un po’ presuntuoso. Inoltre con le tensioni fra i tre poli avremmo rischiato di danneggiare Tommasi, secondo noi il candidato migliore. E credo che in vista delle elezioni politiche del 2023 uno spazio riformista liberale di centro sia un’esperienza da mantenere e condividere con la coalizione anche oltre il Comune. La discussione interna ad Azione è iniziata, e quando ci saranno le politiche avremo anche questa possibilità.

Se Sboarina fosse confermato la vostra coalizione dovrebbe ripartire da zero. Ma se vincesse Tommasi davvero non vorreste un po’ di spazio, di visibilità?

Non gli abbiamo chiesto niente in cambio del nostro sostegno, e non le faremmo dopo l’elezione. Nel nostro programma c’è il valore della competenza, avere le persone giuste al posto giusto. Con noi queste persone ci sono: se Tommasi le ritenesse utili in qualche ruolo, ne saremmo felici. Lo direi anche se avessi preso il 5%: se non hai le competenze, i voti in più non dovrebbero contare. Se Damiano non vincesse? Il lavoro di queste settimane dimostra che c’è una coalizione coesa e propositiva, con un programma chiaro e pulito da cui ripartire. Stare all’opposizione non è mai usurante, se si prende il meglio dalle situazioni e ci si prepara per le nuove sfide.