Il Consiglio regionale del Veneto ha approvato, con 37 voti favorevoli e 10 astenuti, il Progetto di legge n. 97, di cui è primo firmatario il consigliere Roberto Bet (Lega/LV), “Norme per la disciplina per la realizzazione di impianti fotovoltaici con moduli ubicati a terra”.
Sono stati votati anche quattro ordini del giorno: quello presentato dalla consigliera Baldin (M5S), per chiedere alla Giunta di considerare in via prioritaria l’installazione dei pannelli fotovoltaici su superfici già oggetto di utilizzazione; via libera anche all’odg del consigliere Gerolimetto (Lega/LV), che chiede alla Giunta di attivarsi presso il Governo affinché venga sterilizzato l’aumento catastale, quindi contenuta la tassazione che grava su chi contribuisce alla produzione di energia nel nostro Paese; votato l’odg di Fratelli d’Italia, illustrato in aula dal Capogruppo Speranzon, che chiede alla Giunta di privilegiare l’installazione di impianti fotovoltaici su zone già compromesse o inutilizzate, sulla rete stradale e autostradale, limitando così l’uso di aree agricole che vanno rispettate; licenziato, infine, l’odg presentato dalla consigliera Guarda (EV) che prevede una relazione biennale contenente tutti gli elementi utili per consentire una valutazione complessiva degli effetti prodotti sul suolo dagli impianti fotovoltaici.
“Abbiamo dovuto affrontare un lavoro molto difficile, in quanto siamo partiti da zero sotto l’aspetto normativo, mancando qualsiasi riferimento di leggi regionali in materia – ha sottolineato, prima della votazione, il Relatore Bet – Ricordo che come regioni abbiamo competenze limitate, nell’assenza di una norma nazionale quadro. Abbiamo messo insieme un ‘modello tutto Veneto’ che dà tranquillità agli uffici regionali, che ringrazio per il grande lavoro fatto, e soprattutto agli operatori economici. L’identità del nostro territorio rimane intonsa, ma al contempo consentiamo la produzione di energia da fonti rinnovabili. Non è una legge ideologica, non favorisce né limita a priori il fotovoltaico. Abbiamo prodotto, anche grazie al contributo delle opposizioni, un testo equilibrato, solido, che disciplina in modo organico il fotovoltaico a terra ponendosi come punto di riferimento a livello nazionale, ed è in grado di superare il vaglio della Corte costituzionale”.
Il correlatore Zanoni (Pd) ha replicato: “E’ una legge che era molto attesa dai territori perché in Veneto non c’erano paletti alla rincorsa al fotovoltaico a terra portata avanti da gruppi che stanno facendo importanti investimenti, e anche rispetto alle indicazioni dell’Europa sulla produzione di determinate quote di energia da fonti rinnovabili. C’è stato il grande lavoro svolto dagli uffici regionali e dalla Seconda commissione, e noi abbiamo dato il nostro contributo. Pur tuttavia, a mio avviso, è stato impiegato troppo tempo: un anno e mezzo. Avrei voluto inoltre sapere, in linea di massima, quali effetti produrrà la legge, a iniziare dalla percentuale di aree agricole che verranno effettivamente tutelate. E sulle rinnovabili abbiamo investito poco o niente: non ce lo possiamo più permettere perché sono sotto gli occhi di tutti gli effetti devastanti prodotti dai cambiamenti climatici”.
Anche Arturo Lorenzoni (Misto) ha espresso “un giudizio fortemente critico su questa legge, perché rappresenta un’opportunità sprecata, in quanto non mandiamo all’esterno il giusto messaggio: poniamo freni invece di incoraggiare gli investimenti sulle aree idonee. Non vengono individuate soluzioni di compromesso praticabili tra i diversi interessi in gioco. Serve più progettualità sul fronte delle energie rinnovabili”.
Per Elena Ostanel (VcV) “questa legge arriva in ritardo e quindi non frenerà i mega impianti che consumano suolo agricolo, né favorirà gli investimenti sulle energie rinnovabili. Non si è spinto a sufficienza sull’individuazione delle aree idonee, anche in deroga agli strumenti urbanistici. Si sarebbe dovuto partire dal fabbisogno energetico della nostra Regione, incentivando gli investimenti in zone diverse da quelle agricole. Avremmo dovuto accordare più poteri ai Comuni. Almeno c’è la clausola valutativa, l’unico aspetto che ‘salva’ questa legge: fra qualche anno, ci renderemo così conto che con il regime di asservimento adottato non saremo riusciti a tutelare in misura adeguata il suolo agricolo”.
Il presidente della Seconda commissione Rizzotto (Lega/LV) ha evidenziato “l’ottimo lavoro svolto dal relatore Bet, dalla competente commissione, dagli uffici della Giunta e dal Legislativo regionale. Abbiamo predisposto una buona norma, che è di pianificazione urbanistica, in grado di contemperare i molteplici interessi coinvolti dalla realizzazione degli impianti fotovoltaici con moduli ubicati a terra: la produzione di energia da fonti rinnovabili, la tutela dell’ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico-artistico, delle tradizioni agroalimentari locali e della biodiversità, l’obiettivo del consumo di suolo zero entro il 2050, la lotta ai cambiamenti climatici, la pianificazione territoriale ed energetica regionale”.
Ricordiamo che il Pdl era stato licenziato a maggioranza, senza voti contrari, dalla Seconda commissione e che, nella precedente seduta, l’Assemblea legislativa aveva completato la discussione generale sul provvedimento, introdotta dagli interventi del Relatore Bet e del Correlatore Zanoni. Oggi è stato esaminato l’articolato del testo, compresa la sua parte emendativa: sono stati approvati diversi emendamenti, che hanno accolto alcune istanze presentate dalle opposizioni, facendo sintesi delle proposte avanzate dai Gruppi consiliari. In particolare, si evidenzia come la normativa, che secondo le intenzioni del Legislatore dovrà disciplinare il settore per alcuni decenni, abbraccia tutte le soluzioni tecnologiche, anche quelle nuove che potranno essere disponibili in futuro. D’altra parte, soprattutto sulle fonti rinnovabili, i progressi tecnologici sono molto veloci.
Inoltre, l’originale obbligo che le zone classificate agricole asservite all’impianto di tipo tradizionale siano ‘almeno pari a 20 volte l’area occupata dall’impianto’, passa ad ‘almeno pari a 15 volte l’area occupata dall’impianto’: si abbassa così la soglia, fermo restando che, in zona agricola, viene data preferenza all’installazione di impianti agrovoltaici, contemperando così l’interesse collettivo alla produzione elettrica con il mantenimento dell’attività agricolo- pastorale.
Viene prevista una ‘clausola valutativa’ con l’introduzione dell’articolo 10 bis: “Il Consiglio regionale – ha spiegato il relatore Bet – esercita il controllo sull’attuazione della legge, valutando gli effetti conseguiti, le modalità di attuazione e i risultati ottenuti in termine di progressivo conseguimento degli obiettivi di produzione di energia da fonti rinnovabili, come definiti dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima, e nel rispetto della normativa pianificatoria vincolante dell’Unione europea e statale in materia di energia, in vista dell’obiettivo di consumo di suolo zero entro il 2050. Così, dopo due anni dalla pubblicazione della Legge, la Giunta regionale dovrà sottoporre all’attenzione della Seconda commissione consiliare una apposita relazione sullo stato di attuazione della normativa, contenente obbligatoriamente: il numero degli impianti autorizzati, le informazioni aggregate, le tipologie, le soluzioni progettuali, la potenza e l’energia prodotta, nonché l’elaborazione dei dati con particolare riferimento agli impatti prodotti dagli impianti agrovoltaici sul suolo occupato”.
Il Pdl, in sintesi, individua aree idonee e non idonee per l’installazione di impianti fotovoltaici con moduli ubicati a terra. I criteri di non idoneità sono stati previsti in base ai beni costituzionalmente tutelati: patrimonio storico e architettonico, ambiente e aree agricole di pregio. Questo, nel rispetto del principio generale di prevalenza dell’attività agricola. Vengono stabiliti indici di idoneità per individuare le aree più consone all’installazione degli impianti, dando prevalenza a quelle già compromesse, destinate a cave e discariche.