(di Paolo Danieli) L’elezione del Presidente della Repubblica è sempre stato un punto nodale della vita democratica del paese. Ma oggi di più. Se infatti durante la 1^ Repubblica il Capo dello Stato aveva più che altro un ruolo di pura rappresentanza e garanzia, oggi con la sparizione dei partiti tradizionale e con il loro indebolimento, accentuatosi col “draghismo”, assume un’importanza politica molto più rilevante.
Perciò quello che accadrà dopo il 3 febbraio, data in cui scade il settennato di Mattarella, assume un’importanza superiore a quella di qualsiasi altra elezione per le ricadute politiche che inevitabilmente avrà o sull’assetto istituzionale del paese o sulla durata della legislatura in corso.
Chi scrive ha partecipato a due elezioni presidenziali. Nel 1992 a quella portò al Quirinale Scalfaro dopo 16 votazioni andate a vuoto. A sbloccare la situazione fu la strage mafiosa di Palermo in cui morì il giudice Falcone. Nel 1999 quando venne eletto Ciampi alla prima votazione, caso raro che si è verificato solo altre due volte, nel 1985 quando venne eletto Cossiga e nel 1946 quando venne eletto De Nicola Capo provvisorio dello Stato.
Tanti parlano delle elezioni del Presidente della Repubblica. E sempre di più se ne parlerà. Ma sono pochi a conoscere le regole di questo passaggio fondamentale della storia repubblicana.
Innanzitutto rimane inalterato il requisito fissato dall’art. 84 dellaCostituzione: per essere eletti bisogna avere compiuto 50 anni e godere dei diritti civili. Nonostante le mode l’età non è stata abbassata né, tantomeno, sono state stabilite delle “quote rosa”.
L’art. 85 della Costituzione stabilisce poi chi elegge il Presidente della Repubblica: il Parlamento in seduta comune ( 630 deputati e 320 senatori) più 58 grandi elettori scelti dai Consigli regionali. Ogni regione ne nomina 3, 2 della maggioranza e 1 dell’opposizione. La Valle d’Aosta solo 1.
La sede è Montecitorio, per ovvi motivi di capienza. Quindi vale il regolamento della Camera.
Il voto è a scrutinio segreto.
Nelle prime tre votazioni serve il quorum dei due terzi del Parlamento in seduta comune: cioè 703 elettori su 1008. Dal quarto scrutinio basta la maggioranza assoluta: 503 elettori su 1008. I presidenti della Camera e Senato non partecipano al voto, per prassi.
Sono stati 13 i Presidenti eletti fino ad oggi.
Oltre a De Nicola, Cossiga e Ciampi eletti al 1° turno, alla quarta votazione sono stati eletti Einaudi nel 1948, Gronchi nel 1955, Napolitano nel 2006 e Mattarella nel 2015. Per eleggere Segni nel 1962 servirono 9 sedute; per Pertini nel 1978 e Scalfaro nel 1992 ne servirono 16; per Saragat, nel 1964, 21 votazioni. Addirittura Leone nel 1971 venne eletto dopo 23 votazioni.
La seduta per l’elezione del Presidente della Repubblica è unica cioè si vota ogni giorno, anche più volte, anche se possono essere previste delle interruzioni per favorire accordi.
L’articolo 85 Costituzione prevede che “trenta giorni prima che scada il termine il Presidente della Camera dei deputati convoca in seduta comune il Parlamento”. Quindi se Mattarella finisce il settennato il 3 febbraio, la convocazione sarà per il 3 gennaio. Non manca molto.