«Grazie amici, adesso ci sentiamo al sicuro»: sono queste le parole con cui la più piccola di tre fratelli ha salutato, ieri, i poliziotti della Questura di Verona che, in attuazione della normativa prevista dal “Codice Rosso”, hanno dato un lieto fine alla triste storia di violenza domestica che ha visto come vittima la loro mamma.
L’ultima intimidazione qualche giorno fa: “quando arrivo a casa ti taglio la gola”, le aveva detto. L’ennesima minaccia di morte, giunta telefonicamente da quell’uomo che per anni l’aveva maltrattata, l’ha spinta, ieri pomeriggio, a correre dalla Polizia insieme ai tre figli; e proprio negli uffici di Lungadige Galtarossa la donna è riuscita a trovare il coraggio di ammettere la sua condizione di vittima e di denunciare il marito.
Ai poliziotti che l’hanno ascoltata ha confessato di essersi sposata nel 2007 e di essere stata, sin dal principio, destinataria degli atteggiamenti violenti del compagno, spesso accentuati dall’abuso di alcolici. La sera, quando lui tornava a casa ed esagerava nel bere, diceva ai bambini che dovevano chiudersi in camera, ma loro, molto spesso, vedendolo picchiare la madre, intervenivano piangendo e lo imploravano di smettere. Come in moti casi, dapprima nella speranza di poter assistere ad un ravvedimento, poi per paura di poter subire violenze peggiori, la donna non aveva mai trovato la forza di raccontare la situazione che stava affliggendo la sua famiglia.
È stato il più grande dei tre – quello che, con molta probabilità, aveva assistito a più episodi di violenza – a convincere la madre a chiedere aiuto e a distaccarsi da quel marito e padre padrone che, proprio ieri sera, nel far ritorno a casa dopo un viaggio all’estero, avrebbe potuto mettere in pratica l’ultima minaccia di morte. Di fronte ai poliziotti – nei confronti dei quali più volte hanno voluto esprimere la loro gratitudine – la donna e i figli hanno trovato conforto e rassicurazione in merito alla possibilità di accedere ad una struttura protetta, dove potersi, finalmente sentire al sicuro.
Il Questore della Provincia di Verona ha ricordato come le vittime, nella maggior parte dei casi, siano combattute: «si chiudono nel silenzio, hanno paura di raccontare, di denunciare alla Polizia». «È per questo» – ha precisato il Questore Petricca – «che i poliziotti e le poliziotte che si trovano ad avere a che fare con situazioni di questo genere sono formati non solo per garantire una efficace e tempestiva gestione operativa dell’intervento sul luogo della violenza, ma anche per adoperarsi, con la sensibilità necessaria, affinché le vittime possano trovare in noi conforto e per spingerle, nonostante il dramma vissuto, a riporre in noi la loro la fiducia».
«In considerazione dell’importanza della tematica» ha concluso il Questore di Verona «e alla luce dei casi di femminicidio che, anche recentemente, hanno riempito le pagine di cronaca, rimane attuale la campagna “Questo non è Amore”, avviata nel 2016 dalla Direzione Centrale Anticrimine del Dipartimento di Pubblica Sicurezza, con la quale la Polizia di Stato si impegna a sensibilizzare le vittime di violenza in modo da infondere in loro il coraggio di denunciare la condizione di soggezione fisica o psicologica in cui versano. L’obiettivo, dunque, è quello di informare ma anche, e soprattutto, quello di favorire, grazie ad un approccio attento e proattivo verso l’utente, l’emersione delle situazioni di violenza offrendo alle vittime l’aiuto e il sostegno di cui necessitano.»