(di Stefano Tenedini) “Il Veneto corre nel manifatturiero e ha recuperato i livelli pre crisi, mentre nel settore finanziario è ancora indietro. Abbiamo visto con le banche quanto sia stata penalizzante la concorrenza tra i piccoli istituti. Bene, lo stesso criterio va applicato alle assicurazioni. Già oggi, e soprattutto in futuro, per competere nel settore assicurativo le dimensioni sono essenziali, perché ci si deve confrontare con grandi gruppi di rilevanza globale: non soltanto all’estero ma anche sul mercato interno. Credo che l’aggregazione tra Generali e Cattolica vada vista in quest’ottica, investendo su uno sviluppo e su una competitività che risulterebbero superiori alla somma delle parti”.
Carlo Carraro, rettore emerito e docente di Economia Ambientale a Ca’ Foscari, già rettore fino al 2014 e direttore scientifico della Fondazione Nordest (il suo mandato è terminato, ma Confindustria non ha ancora scelto il suo successore), non ne fa una questione di prezzo. “Non sono un tecnico e non potrei giudicare se i 6,75 euro offerti da Generali per le azioni di Cattolica siano il valore corretto”, dice, “ma proietto lo scenario sul domani. Confermo che oggi solo poche compagnie sono in grado di competere con i gruppi più importanti. E Cattolica, nonostante la sua storia e le competenze in alcune importanti aree di business, non può dirsi al sicuro senza il rafforzamento che l’operazione Generali prefigura”.
Lasciamo per il momento da parte le assicurazioni e andiamo a leggere il contesto economico. Che cosa dicono i numeri, e come sta l’economia del Nordest?
Nell’ultimo rapporto della Fondazione, a marzo, avevamo previsto una ripresa e le nostre previsioni sull’economia del Veneto si sono avverate, perché c’è stata una considerevole accelerazione del recupero rispetto a prima della pandemia. Poi pochi giorni fa il bollettino statistico della Regione ha confermato la tendenza e racconta di una ripresa leggermente più sostenuta di quanto ipotizzato e – per Veneto e Nordest – più rapida di quella nazionale. Il PIL nazionale è stimato in un +5,3-5,4%, mentre il Veneto viaggia sul +5,9%, non soltanto nei fatturati ma anche per gli investimenti e la spesa delle famiglie. E sta rientrando anche la disoccupazione, che di poco ma era aumentata, tanto che molte imprese non trovano manodopera disponibile. Insomma, si va nella direzione attesa del recupero.
Ma mentre il manifatturiero conferma la sua capacità di recupero lo stesso non si può dire della finanza, che per il Veneto è da anni una nota dolente, con una drammatica distruzione di valore.
È proprio così. E lo spiego tornando ai dati della ripresa, chiedendomi quali sono oggi i driver di questo recupero più rapido in Veneto che nel resto del Paese. La risposta è che l’accelerazione dell’industria dipende in parte dall’internazionalizzazione come nel recente passato, ma un po’ meno del solito. Il manifatturiero ha recuperato i livelli del 2019, ma c’è crescita a un tasso elevato anche nelle costruzioni e nei servizi. Comparti penalizzati per lungo tempo che ora recuperano il gap, certo, ma anche effetto di una tendenza tipica dei Paesi avanzati con economie più sviluppate. Come ci riescono? Crescendo. Per competere nei settori finanziari la dimensione è fondamentale. Il Veneto in questo settore è stato per anni indebolito e danneggiato. Tutti ricordiamo un settore bancario fatto di piccoli istituti del territorio, facili preda di gruppi bancari più grandi, capaci di farsi avanti al primo momento di difficoltà. Infatti oggi anche le piccole banche tendono ad aggregarsi, perché è il passaggio essenziale per resistere a una competizione che è sempre più innovativa e globale.
Passando alle assicurazioni, però, ci sono azionisti – ex soci – di Cattolica che temono una netta perdita di identità consegnandosi nelle mani di Generali.
La questione non è tanto se sia sbagliato concentrare le attività in Generali, ma perché lo si deve fare. Io ritengo che in termini di sistema assicurativo l’aggregazione sia inevitabile e necessaria, perché Generali si deve già ora confrontare con competitor come Allianz, Axa, Groupama e altri player globali, e Cattolica non ha la forza di stare in questo mercato da sola. Con questa operazione Cattolica potrà trovare nuove possibilità di crescita che prima non sarebbero state alla sua portata. Ci aggiungo, allargando lo sguardo ai rami di attività, che Generali ha confermato di voler salvaguardare e valorizzare la specializzazione di Cattolica nel ramo agricolo. Pensiamo al clima: stiamo andando incontro a gravissimi pericoli per i produttori di qualità di Verona, del Trentino, di tutto il Triveneto. Occorre qualcuno con le spalle forti che possa fare fronte a rischi rilevanti muovendosi anche sui mercati delle riassicurazioni.
In definitiva la sua lettura, partendo da diversi punti di vista, arriva alla conclusione che questa aggregazione farebbe bene alle compagnie ma anche all’economia.
Comprendo che gli azionisti possano essere insoddisfatti, ma oltre il prezzo la questione è strategica. Il territorio rischierebbe nel giro di pochi anni di avere due compagnie ancora distinte nonostante le comuni radici e mentalità veneta, di cui una sicuramente in difficoltà ad affrontare da sola sia il mercato locale che quello internazionale. Andiamo verso lo sviluppo del digitale in diversi comparti, con servizi innovativi per seguire la parte assicurativa, nuovi rischi che andranno valutati e assicurati. Tutto questo renderà il settore più vario e frammentato di oggi, e solo un soggetto grande potrà affrontarlo. Sarebbe una scelta importante per tutto il Nordest, e non solo per Verona. Generali e Cattolica insieme possono diventare uno strumento per migliorare l’operatività e i servizi oltre la somma delle due componenti. Però occorre una prospettiva, una progetto che guardi al futuro e non solo all’oggi o a domani.