Cento anni fa, di questi giorni, un treno militare, circondato da una interminabile folla silenziosa e in ginocchio attraversava l’Italia. Portava a Roma i poveri resti di un ragazzo sconosciuto, morto in una delle tante battaglie della Prima guerra mondiale, e mai più identificato. Uno dei 600mila andati e non più tornati. Pochi giorni prima, la bara con le sue spoglie era stata “riconosciuta” da Maria Bergamas, una mamma di 54 anni (le foto del tempo ci restituiscono l’immagine però di una persona ben più anziana, sfiancata dalla vita e distrutta dal dolore), la madre di Antonio Bergamas, un ragazzo giuliano che aveva disertato dall’esercito austriaco – in tutto sono stati più di 2mila i patrioti che hanno scelto di combattere l’Imperatore da sudditi austroungarici – ed era morto guidando, da giovane sottotenente, il suo plotone di fanteria all’assalto. Domani, cento anni dopo, il “treno della memoria” sosterà a Venezia. Ripercorre lo stesso tragitto compiuto un secolo fa, partendo da Aquileia dove venne scelta, fra 11 bare uguali, quella del Milite Ignoto che sarebbe stato traslato pochi giorni dopo nell’Altare della Patria. Elena Donazzan, su delega del Presidente Luca Zaia, sarà presente a rappresentare la Regione del Veneto in occasione della cerimonia per la sosta del “Treno della Memoria” prevista domani 29 ottobre 2021 alle ore 20 nella Stazione di Santa Lucia a Venezia.
Saranno presenti oltre alle autorità, la Fanfara della Brigata Alpina Julia, e le rappresentanze della Scuola Navale Militare F. Morosini, delle Associazioni Combattentistiche e d’Arma, delle Forze Armate e dei Corpi dello Stato. Dopo la cerimonia, alle 23.30, il convoglio ripartirà sulle note della Canzone del Piave della Fanfara della Brigata Alpina Julia verso la stazione di Bologna. Scriveva Antonio il giorno prima di cadere: “Domani partirò per chissà dove, quasi certo per andare alla morte. Quando tu riceverai questa mia, io non sarò più. Forse tu non comprenderai questo, non potrai capire come non essendo io costretto sia andato a morire sui campi di battaglia. Perdonami dell’immenso dolore ch’io ti reco e di quello ch’io reco al padre mio e a mia sorella, ma credilo mi riesce le mille volte più dolce il morire in faccia al mio paese natale, al mare nostro, per la patria mia naturale, che il morire laggiù nei campi ghiacciati della Galizia o in quelli sassosi della Serbia, per una patria che non era la mia e che io odiavo. Addio mia mamma amata, addio mia sorella cara, addio padre mio. Se muoio, muoio coi vostri nomi amatissimi sulle labbra, davanti al nostro Carso selvaggio“.