(di Paolo Danieli) Sempre più insistente la voce che entro la fine della legislatura si farà la nuova legge elettorale. Sotto la spinta della demagogia grillina gli altri partiti non sono stati capaci di dire di no alla riforma del Parlamento con il taglio di un terzo di deputati e senatori. La motivazione, speciosa, sempre quella: risparmiare sui costi della politica. Politici di lungo corso, che in privato ammettono di non condividere il taglio, non sono stati capaci di sottrarsi all’ultima realizzazione della demagogia grillina. Così il Parlamento avrà 400 seggi di meno. Ma molti adesso sostengono che sia anche necessaria una nuova legge elettorale che sostituisca quella attuale che è un mix fra maggioritario e proporzionale. C’è chi vuole il ritorno al maggioritario. Chi invece al proporzionale puro. Ognuno tira l’acqua al suo mulino. Il Pd e Forza Italia sembra orientati più sul proporzionale. Lega e Fratelli d’Italia sul maggioritario.
A questo punto sorge una domanda: è giusto cambiare la legge elettorale in base alle esigenze del momento di questa o quella maggioranza che si forma, non sulla base di una visione politica, ma per avere un sistema più favorevole? Si tratta, in sostanza, di cambiare le regole del gioco mentre si gioca. E siccome la legge elettorale è il “regolamento” secondo il quale viene raccolto il consenso popolare, che sta alla base della democrazia, una legge elettorale cucita addosso a questa o quella maggioranza politica contingente, altera il momento essenziale dell’espressione della volontà popolare.
La legge elettorale, proporzionale o maggioritaria che sia, dev’essere inserita nella Costituzione e dev’essere sempre quella. Non la si può lasciare in balia degli interessi di bottega di questo o quel leader politico .