(b.g.) Molti giornalisti veronesi, me compreso, hanno un debito di riconoscenza enorme verso Gianfranco Castellani, leader della sinistra scaligera, che in più di una occasione negli ultimi trent’anni ha sprecato tempo e fiato per spiegare le regole, semplici ma non banali, dell’economia reale vista con gli occhi di chi rappresentava interessi complessi come quelli delle microimprese. Un mondo di selfmademen che dagli anni del boom di fine anni Ottanta alle grandi crisi d’avvio del nuovo secolo si sono ritrovati quasi sempre ai margini del grande tavolo dell’abbondanza. Sudavano di più, ma godevano di meno al banchetto e quando i tempi si facevano più duri erano i primi a stringere la cinghia.
Dagli ultimi grandi conflitti sindacali all’internazionalizzazione con la delocalizzazione selvaggia, alla seconda Repubblica Castellani ha attraversato ben più di un momento “storico”. Lo ha fatto sempre col sorriso sulle labbra, con la saldezza delle proprie opinioni raggiunte dopo lunghe analisi. Di quelle analisi, dei verdetti a volte contraddittori, non faceva mistero mostrando un’onestà intellettuale rara in questa città che assai spesso predilige mostrare soltanto il lato più comodo della medaglia. Nei dibattiti pubblici mostrava un rispetto raro per le opinioni avverse, nelle conversazioni personali spiccava la sua umanità. Un’intelligenza acuta al servizio della città. Un civil servant d’altri tempi che ha reso onore alla propria missione. Una figura di cui sentiremo la mancanza. Ti sia lieve la terra, e grazie.