(di Gianni De Paoli) Massimo Ferro, oggi senatore, nel 1998 presidente del Catullo, aveva avuto un’intuizione lungimirante. Aveva capito che in una delle aree più produttive del mondo c’era spazio per due aeroporti: uno per i passeggeri a Verona, centro logistico, turistico, fieristico, crocevia, punto d’incontro e di scambio; uno a Brescia, a marcata vocazione industriale, per le merci. E così, in vista del rifacimento della pista del Catullo, aveva costruito a Montichiari l’aeroporto Gabriele D’Annunzio, che per alcuni mesi del 1999 sostituì il Catullo chiuso per restauro.
Per varie ragioni, tra le quali molta incompetenza e la rivalità Brescia-Verona, Montichiari non ha mai funzionato. Fu progettato e costruito dai Veronesi, ma i Bresciani ne hanno sempre reclamato il diritto alla gestione pur non avendo né le professionalità né i mezzi economici. Invece di diventare un momento di sviluppo per tutta l’area del Garda è diventato un secchio senza fondo nel quale sono finiti una sacco di milioni di euro.
Ma gli aeroporti di Brescia e Verona, che distano appena 45 km, possono convivere? Certamente si. Quando fu fondato il sistema aeroportuale del Garda aveva tutte le carte in regola per sfondare e diventare trainante per l’intero Nordest. Ma le grandi intuizioni non bastano. Ci vogliono anche grandi manager all’altezza di farle diventare realtà. E’ stato quello il grande limite degli ultimi 30 anni di storia della Catullo. Nella gestione della società si sono alternati personaggi che poco avevano a che fare con il trasporto aereo. L’ingresso della SAVE – qui l’intervento odierno della Lega – è solo l’ultimo dei tanti errori fatti dalla politica senza il sostegno di manager esperti del mercato del trasporto aereo. Grida ancora vendetta aver concesso a SAVE il 40% della Catullo per appena 24 milioni, senza un piano industriale con investimenti condivisi e soprattutto senza una strategia di sviluppo, se non quella di affossare sia Verona che Brescia per non togliere mercato a Venezia.
Ma nulla è perduto! La pandemia oltre alla devastazione potrebbe aver portato delle opportunità. Certo non possiamo aspettarci di vedere SAVE tirar fuori dai guai Verona e Brescia. Ha già una “mission impossible” con Venezia, con i fondi d’investimento per niente contenti della situazione dopo aver pagato più di 1.2 miliardi di euro a SAVE comprese le quote della Catullo. E’ evidente che l’obiettivo dei fondi d’investimento che controllano SAVE è di rilanciare Venezia a discapito di Verona e Brescia.
In questo scenario Verona deve agire per riprendersi le quote della Catullo SpA in mano alla SAVE per rilanciare il Sistema del Garda. Ciò avrebbe un importante impatto economico-occupazionale su tutto il territorio di Verona, Brescia, Mantova e Trento. Il sistema Verona-Brescia è molto appetibile per qualsiasi investitore per il medio/lungo termine. Può vantare una concessione quarantennale e ha grandi prospettive in termini di crescita passeggeri e cargo.