(di Giorgio Sartori) Prima dei Mondiali di calcio del 1990 la capacità ricettiva nel Comune di Verona si aggirava sui 3.000 posti letto e le attività extralberghiere, definite dal legislatore regionale complementari si contavano sulle dita di una mano. A beneficio di chi legge preme sottolineare che il termine complementare è stato correttamente utilizzato per indicare un completamento dell’offerta ricettiva.  A distanza di sei lustri Verona sfiora i 30.000 posti posti letto. In questa cifra la complementarietà ha raggiunto dimensioni estremamente importanti, frutto anche di una iniziale non inquadratura giuridica del fenomeno da parte del legislatore.

C’è da sottolineare che questa ipercrescita quantitativa è stata accompagnata da una crescita qualitativa, frutto di investimenti di natura prettamente privata. Tuttavia questa dimensione dell’offerta ha ridotto notevolmente i tassi di occupazione delle camere rendendo gli investimenti non sempre all’altezza delle aspettative. L’attuale situazione pandemica ha evidenziato che il turismo della Città è fortemente legato alla stagione lirica ed agli eventi fieristici. Va da sé che la chiusura forzata delle imprese turistiche  ha messo in difficoltà i bilanci con conseguente perdita di migliaia di posti di lavoro diretti ed indotti.

Usciti da questo terribile momento storico Verona avrà estrema necessità di promuoversi per rigenerare i  flussi turistici. Il marketing territoriale sarà essenziale. In questo scenario di cui non si conoscono ancora i futuri contorni, trovo l’idea di autorizzare ulteriori hotel nel territorio comunale alquanto discutibile. Se un’industria produce ogni giorno tanti prodotti e nessuno li compra perché non vi è domanda è destinata a fallire.

Non vorrei che succedesse la stessa cosa anche al settore ricettivo alberghiero e complementare che tanti sforzi privati ha fatto per rendere Verona sempre più accogliente. Le cosiddette rigenerazioni urbane non sempre hanno prodotto idee innovative. Infatti il dismesso edilizio viene spesso proposto dalla proprietà per creare un centro commerciale od un albergo. Abbiamo assistito alla saturazione dei centri commerciali, inteso come grandi strutture di vendita ed un ritorno alle medie strutture di vendita collocate nelle aree urbanizzate.

Un momento di analisi e di indirizzo verso altre forme di recupero urbanistico da parte di coloro che governano il territorio sarebbe quanto mai auspicabile.