(di Stefano Tenedini) In un futuro non troppo lontano i vini o la gioielleria veneti potranno partire alla conquista del mondo grazie ad Alibaba, la più celebre piattaforma cinese di e-commerce. È una delle ipotesi che emergono dagli accordi stretti dal colosso di Hangzhou con le imprese venete dell’agricoltura e della meccanica. Nel 2020 si sono fatti avanti gli associati alla CIA Agricoltori Italiani e a Confartigianato Imprese di Vicenza. In autunno la CIA ha siglato un’intesa esclusiva per lanciare l’agroalimentare italiano sui mercati globali, mentre da giugno è operativa l’analoga intesa tra Alibaba e il DIH – Digital Innovation Hub di Confartigianato Imprese Vicenza, l’unico “server partner” certificato per il Veneto. Ma è davvero una buona opportunità o nasconde dei rischi per le imprese del territorio? Anzi, è solo un’occasione imprenditoriale o ha dei rivolti politici tutti da valutare? Vediamolo.
Gli operatori non sono affatto preoccupati, e anzi appaiono interessati a sviluppare varie possibili partnership. “L’obiettivo è ampliare le opportunità per le aziende, soprattutto in questo momento difficile che ci spinge a trovare ulteriori prospettive di crescita”, precisa Giuseppe Facchin, presidente CIA Treviso. “Piccole e medie aziende venete del comparto primario possiedono un grande valore aggiunto, che ha bisogno solo di affacciarsi su nuovi canali per raccontarsi e raggiungere i nuovi potenziali acquirenti internazionali”. L’intesa, cui hanno già mostrato interesse oltre 40 aziende agricole, prevede una collaborazione di un anno che comprende anche i servizi di un partner di Alibaba, il quale fornirà il materiale pubblicitario e informativo e la commercializzazione dei prodotti. Tutto sulla nuova vetrina Padiglione Italia del portale, compresa la partecipazione agli eventi online via social media. Il settore più presente è il food & beverage, col 12% dei click sul vino e il 7% sulla pasta.
Passando alla meccanica, il Digital Innovation Hub di Confartigianato Imprese Vicenza è tra i pochi in Italia selezionati dalla piattaforma cinese, che ha anche curato la formazione del personale per l’e-commerce. Laboratorio di innovazione digitale per artigiane e pmi, il DIH è operativo e accreditato dalla UE per lo sviluppo di intelligenza artificiale, automazione e robotica, cyber security e, appunto, e-commerce. Supporta quasi un centinaio di imprese venete (soprattutto alimentare, abbigliamento e gioielleria artistica), accompagnandole al marketplace con un team dedicato di customer care per conquistare posizioni sul web.
Tutto bene, quindi? Forse sì, anche perché in tempi di magra qualsiasi aiuto è benvenuto. Ma ci conviene davvero, soprattutto a lungo termine? E qui entra in gioco l’attenzione che il governo italiano (uscente) riserva alle iniziative cinesi per accreditarsi fra le imprese e per entrare sui mercati occidentali. Come l’insistenza a far collaborare proprio Alibaba con l’Ice, che dovrebbe promuovere l’internazionalizzazione delle nostre aziende. Il colosso di Jack Ma, nella foto, che fattura 65 miliardi, ha creato il Made in Italy Pavilion proprio sulla base di un memorandum di intesa benedetto dal ministro Di Maio. L’accordo consentirà a 300 nostre aziende di usufruire dei vari benefit per due anni. E tutto gratis!
Ma, come dice un famoso proverbio, “quando qualcosa è gratis, il prodotto sei tu”. C’è un modo per capire se è una gallina dalle uova d’oro o solo un trappolone per spolpare il know how del made in Italy? Esplicitamente no, ma ci sono segnali trasversali da seguire: magari deboli, ma ci sono.
Ad esempio, prendiamo proprio Jack Ma. Alla fine di ottobre l’insolito e ricchissimo uomo d’affari aveva lanciato in un contesto pubblico pesanti accuse al sistema bancario cinese, controllato dal governo, accostandolo a un banco dei pegni. Pochi giorni dopo era prevista l’entrata in borsa di una sua altra azienda, la fintech Ant Group (specializzata in pagamenti online, mutui e prestiti), con un’offerta d’acquisto di 34,5 miliardi di dollari. Ma dopo il suo attacco alle banche, Ma era stato convocato dalle autorità e si era volatilizzato. Adesso è riapparso, ma la guerra è solo all’inizio: il governo vorrebbe ridimensionare Ant Group per sospette pratiche di monopolio e per evitare le concentrazioni nel mercato. Secondo voci filtrate dalla Cina il regime ha imposto ai media nazionali di censurare ogni notizia relativa ad Alibaba e all’indagine. L’ennesima dimostrazione che qualsiasi fattore possa influenzare la Lunga Marcia per la supremazia economica cinese verso il resto del mondo scatena una reazione politico-nazionalistica. Ma noi allora? Li vogliamo davvero dei partner così?