Gli aeroporti italiani sono pronti a mettere a terra circa 3 miliardi di investimenti per l’ammodernamento degli scali, la conversione verde (dall’autoproduzione di energia, al recupero dei rifiuti, al risparmio e il passaggio alla mobilità elettrica), all’intermodalità, l’utilizzo dell’intelligenza artificiale ed allo sviluppo della ciber-secutity. Il governo però deve fare la sua parte: inserire gli scali in concessione nel masterplan del Recovery plan e non interrompere il ciclo della cassintegrazione che sino ad oggi ha interessato sino al 95% dei 10mila dipendenti diretti delle società aeroportuali. Qui il rischio è di disperdere professionalità indispensabili per la sicurezza dei voli e del comparto. A presentare il caheir des dolences, Fulvio Cavalleri già presidente del Catullo e oggi vicepresidente vicario di AssoAeroporti.
Il governo Draghi dovrà risolvere anche un’altra questione aperta: i 500 milioni di ristori promessi e mai arrivati alle società aeroportuali che oggi, soprattutto le più piccole soffrono di una gravissima crisi di liquidità.
La crisi degli scali italiani, del resto, è evidente: i passeggeri dal 2019 al 2020 sono passati in Italia da circa 200 milioni a 53; il fatturato bruciato è di 2 miliardi; si tornerà ai livelli del 2019 – forse – nel 2025 o nel 2026, ma questo dipenderà dagli effetti di lungo periodo della pandemia: sviluppo smart working, cambio nelle scelte delle destinazioni turistiche, situazione sanitaria globale. Cavalleri punta il dito soprattutto su uno dei nodi che il precedente governo aveva avanzato a fine gennaio: la teorica, mancata, approvazione dell’Unione europea a veder inserito e beneficiati dal Recovery plan società private: «Non può essere questa la scusa di un nostro mancato inserimento: intanto perchè diversi scali hanno capitale al 100% pubblico; inoltre, i concessionari operano su infrastrutture pubbliche, eventuali investimenti in questo senso vanno ad incrementare il valore del patrimonio pubblico senza gravare sul costo ai passeggeri; infine, perchè molti altri Paesi europei hanno inserito gli aeroporti e Bruxelles non ha contestato tale scelta. Il governo deve quindi decidersi: noi possiamo partire con gli investimenti anche subito. Abbiamo delegato un advisor indipendente per valutare le priorità e presentare un piano complessivo con una corretta analisi costi/benefici e il dividendo sociale che questi investimenti possono generare. In realtà, la massa di investimenti in programma è di 4 miliardi, ma consideriamo che 1 miliardo è probabilmente non può essere ammesso al Recovery plan, ma davvero il governo non metta in secondo piano un settore che vale il 3% del Pil e 880mila addetti, indotto compreso».